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“Mi pensi? Quanto mi pensi?”: anatomia della gelosia. Capirla per gestirla. Prima parte.

eric ward 7KQe 8Meex8 unsplash Psicologa prato

Mi pensi? Ma quanto mi pensi ?

“Mi pensi? Ma quanto mi pensi? Davvero che ti manco? Ma quanto ti manco?”: ricordo ancora queste parole (o parole simili) pronunciate in una vecchissima pubblicità da una ragazza al telefono dentro a duna cabina telefonica, assorta a testare la qualità del coinvolgimento del fidanzato. Che cos’è la gelosia? E’ il segno inconfutabile della passione del tuo partner o del bisogno di controllarti?

Quali sono i meccanismi che la innescano e la mantengono? In questo articolo diviso in due parti voglio parlarti di questa emozione e di come può manifestarsi nella tua vita, quale il suo significato positivo e darti qualche strumento di auto-aiuto: non affronterò il tema della gelosia patologica, oggetto di un futuro approfondimento, che richiede una psicoterapia vera e propria data l’intensità e la problematicità che crea nella vita di chi ne soffre o la subisce.

Secondo il dizionario Garzanti la gelosia può essere definita come l’ansia tormentata di chi teme di perdere l’amore della persona amata, rivalità, invidia che nasce da vere o presunte preferenze. In italiano il termine gelosia indica in modo indifferenziato quella tra membri di una coppia così come tra fratelli o per i frutti del proprio lavoro o per le proprie cose. In termini generali la gelosia è definibile come la paura di perdere l’esclusività della tua posizione privilegiata in un ambito importante della tua vita. Nell’ambito della coppia, la gelosia si riferisce al timore (e talvolta alla certezza, e qui si entra nella gelosia patologica) dell’infedeltà del partner.

E’ un’emozione legata quindi alla perdita, all’abbandono, più che altro è legata all’ansia anticipatoria della perdita: “Temo che mio marito/moglie/partner possa preferire un’altra persona a me”, ansia su cui si innestano infiniti rimuginii. Talvolta non sei nemmeno troppo spaventato dalla perdita, poichè puoi essere geloso, paradossalmente, anche dopo mesi o anni che la tua relazione con un precedente partner è terminata, se lo scopri accompagnato con un’altra persona (che non sei tu).

Questo è il caso esemplare di gelosia che ha come ingrediente principale la perdita della tua autostima come persona. A livello corporeo, puoi osservare che, immaginando il tradimento del tuo partner, alcuni parametri cambiano, sia che tu immagini un tradimento sessuale sia più globale, emozionale. Puoi sudare freddo, avere tensioni muscolari, essere pallido in viso ma avere vampate di calore a tratti: è proprio l’assetto “da guerra” di chi si prepara ad un combattimento, anche solo nella propria mente con un potenziale rivale.

A livello dell’evoluzione, la gelosia è stata plasmata sul sano scopo di assicurarsi la paternità per il maschio e la vicinanza di un compagno stabile e la garanzia di un legame stabile per la femmina. Dinanzi alla paura (e al sospetto) di essere tradito e di non essere più certo di trasmettere i propri geni ai figli, un tuo antenato delle caverne aveva diverse chance: gettarsi ai piedi della sua amata implorando di non essere scartato per un altro cavernicolo, stimolando la vena materna/accudente in lei ma perdendo virilità; oppure agire aggressivamente facendo fuori sia l’amata che il rivale, ma distruggendo la possibilità di avere il legame tanto desiderato e la prole.

La terza via è rappresentata dalla gelosia: emozione in cui è presente un po’ di aggressività in grado di dimostrare all’amata e al rivale la sua forza e un po’ di paura di restare da solo che induceva il tuo antenato delle caverne a preservare il legame con l’amata e a tenerla accanto a sè. In questo senso il tuo antenato si assicurava la sua famiglia e la sua prole esercitando un controllo sull’amata: ritenendola infedele la obbligava a stare al suo posto, ad osservare i suoi doveri.

Oggi nella società contemporanea questa modalità risulta, per l’appunto, primitiva, dato che le tue relazioni possono essere governate o tutelate da consulenze legali e quant’altro, tuttavia i meccanismi evolutivi ed antichi della gelosia esistono ancora nel tuo assetto biologico e psicologico!

E’ probabile che ci sia qualche fattore biochimico predisponente alla gelosia: da diversi studi sono emersi dati a riguardo, come pure si è visto che un eccesso di gelosia può presentarsi in chi è affetto da patologie neurodegenerative, dopo ictus, traumi cranici e come ingrediente di svariati disturbi psicologici quali le psicosi, la paranoia soprattutto e il disturbo ossessivo-compulsivo. In questi casi è assolutamente necessario intraprendere una cura adeguata della malattia primaria, che porterà alla scomparsa anche della gelosia, detta sintomatica.

Se vuoi saperne di più su questo tema e scoprire come puoi prenderti cura di te vai alla seconda parte dell’articolo cliccando qua: http://federicapianapsicologa.it/mi-pensi-quanto-mi-pensi-anatomia-della-gelosia-capirla-per-gestirla-seconda-parte/

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