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Perchè NON rivolgersi ad uno psicologo. Seconda parte.

Perche non rivolgersi ad uno psicologo

In questa seconda parte voglio approfondire alcune delle teorie che forse hai rispetto alla professione dello psicologo, in cosa consista e come possa essere di aiuto nella tua vita. Le teorie di cui ti parlo sono teorie cosiddette ingenue, poichè non hanno alcun fondamento scientifico, tuttavia sono molto comuni. Secondo la teoria dell’incapacità ti spieghi la sofferenza negli errori che commettei e nella mancanza di capacità ed impegno. Pensi di stare male perchè non hai saputo evitare un certo danno o ottenere un certo risultato. Ti attribuisci totalmente la responsabilità dello stare male: non ti senti abbastanza motivato, ti senti ignorante, poco dotato di abilità, senti di avere “un brutto carattere” ecc ecc. Ritieni di poter essere felice, dunque, solo ottenendo un certo risultato o evitando un certo danno. Non comprendi che le azioni che compi dipendono dalle tue convinzioni su di te, gli altri e il mondo e pensi che lo psicologo debba insegnarti, come un professore, le tecniche migliori di comportarti così da evitare quel danno o ottenere quel risultato. Se hai questa teoria pensi di dover diventare un ottimo allievo del tuo psicologo-prof: ma la psicoterapia non mira a farti diventare un perfetto risolutore di qualunque tipo di problemi. Mira a guidarti a comprendere che soffri in certi ambiti della tua vita per il particolare valore che attribuisci agli scopi in tali ambiti (lavorativo, sociale, affettivo, prestazionale) e non per ignoranza/incapacità o scarsa motivazione (che sono effetti e non cause), aiutandoti a modificare i modi insani di raggiungere questi scopi o, persino, di rinunciarvi se non hai alternative, farti comprendere, inoltre, che i risultati delle tue azioni non dipendono esclusivamente da te ma da molteplici fattori.

Secondo la teoria della disfunzione biochimica, puoi pensare che il tuo star male dipenda da un malfunzionamento di parti del tuo sistema nervoso, da anomali genetiche o da forze inconsce o impulsi irresistibili contro cui non puoi fare niente. Non ti concepisci come un agente attivo, dotato di volontà ed intenzionalità: è più probabile infatti che ti rivolga ad un medico chiedendo la prescrizione di farmaci che “aggiustino o risolvano” la disfunzione biochimica; ma, se accedi ad una psicoterapia, tendi a concepire l’aiuto psicologico come uno sforzo estremo di controllare queste tremende forze irrazionali ed inconsce dentro di te, credendo che solo sforzandoti di cambiare i tuoi comportamenti, e non i vissuti e le convinzioni sottostanti, potrai stare meglio. E’ una teoria che pone grossi ostacoli al percorso psicologico: ti deresponsabilizzi e puoi sentirti infastidito quando lo psicologo esplora con domande il tuo mondo interiore fatto di memorie, convizioni, condizionamenti ed emozioni, poichè non attribuisci a questa esplorazione nessuna utilità. Se sei questo tipo di persona, infatti, la razionalità e le emozioni non sono conciliabili.

Un’altra teoria molto comune riguarda il pensare che il tuo stare male sia causato da forze esterne impersonali: la sfortuna, la sorte avversa, la scarsità di denaro o gli influssi astrali. Tutti questi sono elementi assolutamente esterni a te, che ti percepisci non come un agente attivo e decisore della tua vita, ma quasi come un oggetto alla mercè di queste forze: non senti di avere controllo. Immagini di poter stare meglio solo quando “la fortuna girerà a tuo favore“, quando arriverà una fantastica opportunità di lavoro o “il principe azzurro” ecc ecc. Lo psicologo ha il compito di guidarti a comprendere che il tuo stare male dipende per la maggior parte da fattori interni a te, cioè le convinzioni, i vissuti ed i condizionamenti sulla base delle quali valuti ciò che ti accade: aiutandoti a rimettere in discussione tali elementi, a comprendere che in un dato momento della vita erano funzionali ma adesso non lo sono più e occorre trasformarli per renderli più funzionali alle tue esigenze attuali. Lo scoglio più frequente nel lavorare con te, se hai questa teoria,  sta nella riluttanza e nella demotivazione: ti aspetti che lo psicologo ti ascolti nei tuoi sfoghi e ti aiuti a sopportare le forze esterne citate in precedenza fino a quando “la fortuna non girerà”. Solo comprendendo il ruolo attivo e pratico che devi intraprendere si potrà parlare di psicoterapia vera e propria. 

Vi è poi il caso in cui attribuisci il tuo stare male alla presenza di relazioni insoddisfacenti a livello familiare, lavorativo, sentimentale e sessuale. Per quanto è ovvio che questo possa rappresentare un dispiacere per te, la tua sofferenza non sta tutta in ciò che gli altri fanno o non fanno nei tuoi confronti, quanto nei modi in cui percepisci e valuti queste azioni da parte degli altri. E’ questo il caso di chi quando dai molto valore alle manifestazioni di affetto o di stima e il non riceverne abbastanza conduce ad un’inevitabile sofferenza. In questo caso lo psicologo deve prestare molta attenzione agli elementi emotivi nella relazione con te, perchè solo facendoti sentire compreso ed accettato e capendo le carenze affettive o i traumi intervenuti nella tua vita può aiutarti a far guarire queste ferite.

Nel caso in cui ti spieghi il tuo star male sulla base dei condizionamenti, dei vissuti e delle convinzioni che si sono creati durante la tua vita sulla scorta di eventi, per lo più spiacevoli, lo psicologo può subito iniziare la psicoterapia poichè possiedi già il miglior assetto mentale volto a trarne i massimi benefici. Questo è possibile se ti senti un agente attivo, un protagonista della tua vita, in altri termini una specie di esploratore che ti muovi nella realtà per acquisire informazioni e conoscere come questa funziona, o di scienziato che ti fai ipotesi sulla realtà e ti metti a testarne la validità capendo quali sono utili e funzionali e quali inutili e vadano scartate.

Vai alla prima parte di questo articolo: http://federicapianapsicologa.it/motivi-non-rivolgersi-ad-uno-psicologo/ 

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4 Aprile 2020/da Federica Piana
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Lavorare con le emozioni per il cambiamento in psicoterapia.

Lavorare con le emozioni per il cambiamento in psicoterapia

Le emozioni non ti possiedono, nè sei tu a possederle. E’ possibile però imparare a gestirle, poichè sono parte integrante della natura umana. Dal punto di vista etimologico, il termine emozione viene dal latino e-movere, che significa portare fuori, indicando perciò un movimento dall’interno verso l’esterno. Le emozioni hanno una loro funzione biologica dettata dall’evoluzione per cui, fornendoti segnali utili , facilitano la presa di decisione, la risoluzione di problemi, integrano la parte razionale e sono perciò necessarie alla sopravvivenza stessa della specie. Senza emozioni non saresti in grado di vivere in modo significativo, la vita diverrebbe arida e vuota.

Da millenni pensatori e filosofi si sono dedicati allo studio delle emozioni, dai loro studi la psicologia contemporanea ha ereditato un patrimonio di intuizioni e conoscenze. Vediamo insieme in cosa consiste il lavoro con le emozioni che si realizza all’interno di un percorso psicologico e che produce il cambiamento.
Secondo gli studiosi, il cambiamento avviene attraverso alcuni passaggi relativi alle emozioni: la consapevolezza, l’espressione, la regolazione, la riflessione, la trasformazione e l’esperienza emozionale correttiva.

Avere consapevolezza delle tue emozioni è il primo passo: riconoscere l’emozione mentre emerge e poterla nominare e verbalizzare ti dà le informazioni necessarie ad agire per soddisfare i tuoi bisogni e perseguire i tuoi scopi. In un percorso psicologico ti aiuto a sviluppare la consapevolezza delle tue emozioni imparando a distinguerle dai pensieri, a contattare le sensazioni fisiche correlate, e ad arricchire il vocabolario necessario a coglierne le numerose sfumature.

Esprimere le emozioni è il secondo passo, fondamentale poichè ti consente di portare nell’azione la consapevolezza. Non è un concetto banale: in un percorso psicologico esprimere le proprie emozioni non significa semplicemente sfogarsi, ma attivare le proprie risorse corporee, affettive e mentali per contrastare la tendenza ad evitare le emozioni stesse, a reprimerle, tendenza che sul lungo termine può portari come conseguenza un appiattimento emotivo globale, in cui nè le emozioni dolorose nè quelle piacevoli possono essere percepite e vissute.

Un altro importante passo, forse uno dei più cruciali, è la regolazione emotiva: ti aiuto a modulare e regolare l’emozione nel momento in cui emerge. Tale regolazione comprende l’accettazione e la tolleranza dell’emozione, la capacità di calmarti e di usare in modo efficace l’attenzione. Un’altra facoltà che ti aiuto ad affinare è osservare semplicemente l’emozione, senza giudicarla o applicarvi dei ragionamenti immediatamente, ciò ti consente di prendere distanza così da non sentirtene “invaso”, soprattutto quando l’emozione è dolorosa o molto intensa.

Ti aiuto poi a riflettere sulle tue emozioni per ricavarne un senso, a collocarle in un contesto più ampio e a sentirle come parti di te, della tua memoria autobiografica, della narrazione della tua esistenza. Ciò che fai dei tuoi vissuti emotivi contribuisce a creare il tuo Sè, da qui il contributo della riflessione quanto al creare nuovi significati e ampliare le tue narrazioni.

Trasformare le emozioni e consentire un’esperienza emozionale correttiva sono forse le due componenti del processo di cambiamento che più di altre sono facilitate da un percorso psicologico, in particolare dalla relazione terapeutica tra me (lo psicologo) e te. Le tue emozioni possono trasformarsi tramite un’esperienza emozionale correttiva, cioè un’esperienza emotivamente ricca e potente che si realizza all’interno della relazione umana tra me e te.

Se soffri di una fobia sociale o di altro tipo, andando in ansia quando ti esponi a situazioni sociali o vieni a contatto con oggetti o situazioni particolari, io ti aiuto a sperimentarti piano piano in questi contesti, facendoti sentire non più impotente o indifeso, ma capace di tollerare e di affrontare le emozioni che ne derivano, cambiando perciò la tua percezione dell’evento, che diviene tollerabile, e di te stesso. Creare le condizioni affinchè tu ti prenda delle responsabilità e dei “rischi”, affrontando le situazioni temute, contrastando tendenze autodistruttive o dando voce ai tuoi bisogni, è l’essenza di ogni percorso psicologico che può restituirti il senso della responsabilità, del tuo potere personale e della tua libertà.

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2 Gennaio 2018/da Federica Piana
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La psicoterapia Umanistica e Bioenergetica

La psicoterapia Umanistica e Bioenergetica

Oggi esistono davvero moltissimi tipi di psicoterapia: il mio intento in questo articolo è illustrarne alcuni tra i più noti e studiati al fine di darti informazioni utili se ti stai domandando se o hai intenzione di iniziare un percorso e non sai orientarti tra le tante possibilità. Innanzitutto bisogna fare una distinzione di base tra il setting e il tipo di psicoterapia: nel primo caso si parla dei destinatari dell’intervento, perciò di individui diversi per età (dal bambino all’anziano), coppie, gruppi, famiglie e comunità;

nel secondo caso si parla dei diversi approcci contemporanei, ognuno con le sue specifiche caratteristiche. C’è da dire che non esiste ad oggi una forma di psicoterapia migliore di un’altra, ognuna opera con tempistiche, strumenti, modalità diverse, ponendosi anche degli obiettivi diversi, che vanno in generale a produrre un significativo miglioramento nella qualità di vita della persona.

Esistono tantissimi approcci psicoterapeutici perchè, essendo la mente estremamente complessa e multisfaccettata, ognuno di questi va ad intervenire su aspetti diversi del funzionamento mentale: può trattarsi di un’attenzione maggiore alla sfera cognitiva (pensieri e convinzioni), a quella del comportamento visibile (le azioni messe in pratica), a quella emotiva-affettiva (emozioni e vissuti), a quella relazionale (i rapporti con gli altri e la società) e spirituale (il rapporto con il divino e il trascendente). Vediamo alcuni approcci tra i più noti:

L’approccio più antico e sicuramente più famoso è la psicoanalisi, messa a punto da Sigmund Freud, dalla fine dell’Ottocento. L’idea alla base della psicoanalisi freudiana sta nel fatto che la psicopatologia origina da conflitti di tipo inconscio, cioè non accessibili alla consapevolezza, e che il processo terapeutico consiste perciò nella comprensione ed elaborazione di tali contenuti rimossi, portando alla scomparsa dei sintomi iniziali. Per far ciò la psicoanalisi si serve di una serie di strumenti quali le associazioni libere, i lapsus, gli atti mancati, i sogni, l’analisi del transfert e del controtransfert (cioè delle modalità relazionali che si instaurano tra il paziente e lo psicoterapeuta).

Dal capostipite Freud si sono poi susseguiti altri autori di spicco quali Jung, Adler, Erikson, Klein, Reich, Balint, Winnicott ed altri, che hanno dato contributi significativi andando a creare ulteriori correnti di pensiero. Solitamente una psicoanalisi o una psicoterapia psicoanalitica hanno una durata notevole nel tempo, di solito pluriennale, anche se oggi sono disponibili all’interno di questo filone approcci più brevi.

L’approccio che si è sviluppato immediatamente dopo la psicoanalisi freudiana è quello comportamentale, che, trascurando volontariamente la sfera inconscia, parte dal presupposto che la psicopatologia sta nel comportamento osservabile e che il processo terapeutico si sviluppi aiutandoti a ri-apprendere forme di comportamento più funzionali e positive, attraverso un processo di de-condizionamento. Negli anni questo approccio si è andato evolvendosi ed ha dato vita a quello che oggi viene chiamato approccio cognitivo-comportamentale, che integra il piano del comportamento con la dimensione cognitiva, costituita da pensieri, credenze e schemi mentali che, quando distorti o disfunzionali, vengono portati alla consapevolezza del paziente e sostituiti da pensieri e schemi più sani e fonte di benessere per te.

La psicoterapia sistemico-relazionale, detta comunemente familiare, guarda alla psicopatologia in modo completamente diverso: ritiene che se sei affetto da un qualche disturbo tu sia il portatore del sintomo, cioè colui/colei che esprime in modo manifesto un disagio che in realtà interessa tutto il sistema da cui provieni, vale a dire la sua famiglia. E’ per questa ragione che lo psicoterapeuta si concentra intensamente sulla descrizione e comprensione delle dinamiche relazionali, cioè familiari innanzitutto ma non solo, per favorire in te un processo di crescita ed affermazione di te più consapevole e libero da condizionamenti.

L’approccio che utilizzo io è una felice integrazione tra due correnti di pensiero sviluppatesi dagli anni ’50 in poi, la psicoterapia umanistico-esistenziale e la psicoterapia corporea. Da questo connubio nasce la psicoterapia umanistica e bioenergetica, che presenta queste caratteristiche chiave che in parte lo distinguono dagli approcci sopra elencati: è soprattutto una psicoterapia olistica, che dà piena dignità a te come essere umano, non concentrandosi solo sugli aspetti patologici. Valorizza la dimensione etica, la creatività, la consapevolezza di te e la spinta alla tua autorealizzazione.

Tali elementi rendono la psicologia umanistica un approccio volto allo sviluppo delle tue potenzialità, considerando la salute come l’esito dell’integrazione tra le sfere biologica, psicologica, relazionale e sociale. In questo approccio lo psicologo non è un tecnico-riparatore di disfunzioni o un sapiente distaccato e neutrale, ma lo psicologo si pone come facilitatore di quei processi di cura e cambiamento già presenti in te, che necessitano soltanto di essere coltivati all’interno di uno spazio di ascolto, empatia e comprensione profondi.

 Per far ciò la psicoterapia umanistica e bioenergetica si serve di un ventaglio di strumenti variegati come tecniche creative, esperienziali ed altre mirate all’integrazione tra mente, corpo ed emozioni quali le tecniche di respirazione, il Training Autogeno, le fantasie guidate, le meditazioni e gli esercizi bioenergetici che ti aiutano a liberarti dallo stress e dalle tensioni muscolari croniche, amplificano la consapevolezza, l’espressione e la padronanza di te, promuovono lo stato di vitalità dell’intero organismo. 

Se vuoi darti l’opportunità di migliorare il tuo benessere psicofisico vai all’articolo “Percorsi brevi” in cui mostro com’è possibile ottenerlo in modo rapido ed efficace con il Training Autogeno e gli esercizi bioenergetici: http://federicapianapsicologa.it/percorsi-brevi/ 

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8 Dicembre 2017/da Federica Piana
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Perchè NON rivolgersi ad uno psicologo. Prima parte

Perchè NON rivolgersi ad uno psicologo. Prima parte

“Andare o non andare dallo psicologo?”, è la domanda che tu, come molte persone, se soffri a causa di problemi psicologici ti stai facendo, spesso rimandando per molto tempo la decisione di prenotare un appuntamento, compromettendo ulteriormente la tua salute, le relazioni e anche le capacità lavorative. Capita infatti spesso che anche chi presenta un vero e proprio disturbo tarda a rivolgersi ad un professionista, tentando prima le soluzioni più svariate e non trovandone di valide. Perchè accade questo? In questo articolo intendo elencare una serie di motivi per i quali puoi evitare di rivolgerti ad uno psicologo per un aiuto.

Inconsapevolezza del problema: puoi non renderti effettivamente conto di avere un problema di tipo psicologico per il quale sia necessario chiedere aiuto. Capita che in questo caso tu soffra anche considerevolmente nella tua vita ma che tu non sia in grado di attribuire a te la responsabilità di farti carico di tale malessere e, di conseguenza, del tuo benessere.

Puoi individuare all’esterno le cause del malessere, tagliandoti fuori completamente dalla responsabilità per la tua vita, ad esempio pensando che gli altri non ti capiscono, ti perseguitano, ti sfruttano oppure che sia tutta colpa della società.

Non essere consapevole di avere un problema rimanda a due altri concetti affini: puoi essere inconsapevole della possibilità di risolvere il problema (pensi che sia normale soffrire nella vita e che lo si devi tollerare e basta) ed essere inconsapevole delle tue capacità individuali di superare il problema stesso (pensi di non avere intelligenza sufficiente, o meno volontà, in sostanza ti senti impotente, sei bloccato e del tutto demotivato).

Preconcetti culturali nei confronti dello psicologo e della psicologia: puoi nutrire uno o più dei seguenti preconcetti, che sono alimentati dall’inconsapevolezza. Pensi che lo psicologo lavori soltanto con i “matti”: questo è un potentissimo e diffusissimo pregiudizio che tiene lontano tante persone come te dallo studio di uno psicologo, poichè porta con sè un’etichetta negativa, come un marchio, che provoca vergogna.

La realtà dice tutto il contrario: una buona parte dei pazienti è formata da persone alle prese con dei disagi moderati o con momenti particolarmente difficili della propria vita, inoltre, andare dallo psicologo è una scelta di persone coraggiose e motivate che vogliono dare più slancio alla propria vita, superando le crisi e diventando padroni della propria vita!

Un altro preconcetto riguarda l’idea diffusa che il lavoro dello psicologo è analogo a quello di un buon amico che ti vuole bene e ti ascolta: il lavoro psicologico non può ridursi ad un semplice conversare, cosa assimilabile ad una chiaccherata con un amico. La maggioranza delle persone che vanno da uno psicologo hanno amici e familiari disposti ad ascoltarli, ma il loro aiuto non è sufficiente a stare davvero bene, poichè un problema psicologico ha dei meccanismi specifici studiati scientificamente.

In questo campo opera infatti lo psicologo in quanto professionista della salute: il suo lavoro è farti conoscere sia il funzionamento sano e patologico della mente sia le modalità emotive, mentali, comportamentali e relazionali necessarie a riportare in te un sano equilibrio psicologico.

Altre paure infondate sono: l’idea che un percorso psicologico duri anni ed anni, addirittura che lo psicologo entri nella tua mente, manipolandoti o facendoti una sorta di lavaggio del cervello. Quanto al primo punto bisogna dire che oggi esistono tanti approcci psicologici, ma, soprattutto, ogni bravo professionista sa “ritagliare” sulle tue specifiche esigenze l’approccio più adatto e strategico, per raggiungere gli obiettivi concordati nel minor tempo possibile; contando, comunque, che ogni persona è unica, come ogni problema psicologico, e che non si può pensare di impostare una durata standard per ogni percorso.

Quanto al secondo punto, si tratta di un preconcetto dettato dall’ingenuità: lo psicologo non fa qualcosa su di te, come un chirurgo munito di bisturi, ma ti accompagna in un percorso di scoperta, consapevolezza e miglioramento di te, lo psicologo lavora con e per te, con rispetto, sensibilità ed empatia. Non c’è nulla che lo psicologo possa fare senza il tuo consenso, nè può condurti in aree dove non te la senti di avventurarti. Lo psicologo offre possibilità, apre panorami,  ti ridà l’occasione di essere l’artefice del tuo destino.

Infine, puoi nutrire aspettative non realistiche: pensare che lo psicologo possa salvarti, come una specie di surrogato divino. In questo caso pensi di dover solo presentarti in studio e lasciare allo psicologo “la direzione dei lavori” aspettandoti il miracolo.

Inoltre puoi desiderare di avere dallo psicologo delle prove certe che il percorso funzionerà, anche dopo una singola seduta! In tal caso hai un’aspettativa sincera accompagnata da una diffidenza cui vorrai trovare risposta con delle rassicurazioni, che, purtroppo, non possono esaurire il tuo dubbio.

Anzichè assecondare la tua diffidenza, puoi riflettere su quanto tu abbia paura ad affidarti a qualcuno, su quanto non tolleri le incertezze della vita e chiederti se la tua diffidenza dipenda dal fatto che non ti senti adeguatamente compreso dagli altri: in tal caso è molto probabile che questo rappresenti il vero nocciolo del tuo problema e che, con un professionista preparato, tu possa realmente superarlo.

Infine, puoi avere un’ambivalenza riguardo al percorso psicologico: da una parte desideri di essere aiutato a stare meglio, dall’altra essere in qualche modo attaccato agli aspetti paradossalmente positivi del tuo problema. Puoi pensare che cambiare davvero rappresenti una minaccia verso te stesso, quasi a non immaginarti diverso da come sei abituato a vederti, o pensare che, una volta cambiato, tu non venga più accettato dai familiari, amici e colleghi. In tutti questi casi anche un solo colloquio con uno psicologo può esserti di grande aiuto, poichè:

Ti aiuta a sondare le motivazioni sia esplicite che nascoste, a chiarire la tua richiesta di aiuto, a smantellare i falsi miti ed i pregiudizi elencati sopra, e a individuare il tipo di percorso psicologico personalizzato sulle tue esigenze.

Vai alla seconda parte dell’articolo: http://federicapianapsicologa.it/motivi-non-rivolgersi-ad-uno-psicologo/

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7 Dicembre 2017/da Federica Piana
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Gli elementi di un percorso psicologico efficace

Un percorso psicologico efficace

Esistono molti approcci psicologici, che si distinguono per il background storico, il bagaglio di metodi e tecniche, e la concezione della salute e della malattia cui fanno riferimento. Tuttavia, al di là delle peculiarità di ognuno, tutti gli approcci si fondano su basi comuni, su fattori trasversali che rendono ogni percorso psicologico, che sia di sostegno, consulenza o psicoterapia, un’esperienza di relazione umana proficua e soddisfacente. In questo articolo voglio descriverti in dettaglio questi fattori comuni che consentono di dare valore ad ogni percorso psicologico.

1 – La competenza dello psicologo
In primis, ciò che rappresenta un prerequisito fondamentale al buon andamento di un percorso, è la competenza e la preparazione del professionista. Come già illustrato nell’articolo “Chi è lo psicologo. Differenze con altre figure professionali”, ogni psicologo acquisisce esperienza attraverso molteplici fonti nel suo percorso formativo e professionale. Tale esperienza si riassume in tre dimensioni essenziali: il sapere, il saper essere, ed il saper fare.

Lo psicologo apprende il sapere attraverso un percorso di studi molto lungo, che va dalla laurea magistrale in psicologia (della durata di 5 anni) al conseguimento di uno o più titoli post lauream, quali master, corsi di perfezionamento, specializzazioni (come quella in psicoterapia, della durata di almeno quattro anni). Ognuno di questi percorsi prevede sia una serie di esami teorico-pratici che tirocini formativi (ad esempio, quello post lauream, della durata di un anno e finalizzato alla preparazione all’esame di Stato per l’esercizio della professione, o quello parallelo alla specializzazione in psicoterapia).

Lo psicologo acquisisce un saper essere tramite i percorsi di psicoterapia personale. Grazie ad essi riesce a comprendere meglio e ad affrontare dinamiche proprie, liberandosi così dai condizionamenti personali e mettendosi al tuo servizio con consapevolezza, empatia e fiducia.
Il saper fare, invece, è reso possibile dall’apprendimento di un ampio bagaglio di strumenti e metodi teorico-pratici, sia durante il lungo percorso formativo che parallelamente all’ attività professionale, aggiornandosi continuamente nei propri settori di operato.

2 – La tua motivazione
Un altro ingrediente essenziale per il successo di un percorso psicologico è la tua motivazione come paziente, elemento tutt’altro che scontato o banale. Un percorso con uno psicologo richiede un investimento, sia in termini di denaro che di energie, e risulta improbabile che se sei poco motivato tu possa trarne grandi benefici. Può succedere che ti interessi al percorso iniziando con buoni propositi, trovandoti poi ad abbandonarlo precocemente se sprovvisto di una reale solida motivazione.

A riguardo è utile menzionare la teoria di Prochaska, Norcross e Di Clemente, che evidenzia come il processo di cambiamento avvenga attraverso 6 fasi. Nella precontemplazione non sai o non vuoi riconoscere di avere un problema; nella contemplazione sai di avere un problema ma non hai ancora preso una decisione per cambiare; nella programmazione stai acquisendo informazioni utili e ti stai preparando mentalmente a fare qualcosa; nell’avvio dell’azione inizi ad adottare comportamenti più salutari e ti impegni attivamente a risolvere il tuo problema, come il rivolgerti ad uno psicologo.

Nella fase di mantenimento continui a mantenere sul lungo termine quelle scelte e quei comportamenti salutari, come nuove abitudini nello stile di vita, oppure il mantenere una regolare frequenza alle sedute con il proprio psicologo. Nella fase della ricaduta, hai di nuovo attuato comportamenti disfunzionali dai quali vuoi liberarti oppure hai avuto una riacutizzazione del malessere. La motivazione è un ingrediente essenziale in ciascuna fase, poichè ti mette in moto, ti sostiene in quei momenti in cui vedi ancora lontani i tuoi obiettivi, ti fa riporre fiducia nel tuo psicologo, ti aiuta a non scoraggiarti e a continuare il percorso, anche di fronte agli ostacoli o battute d’arresto.

Per quanto la motivazione stessa sia oggetto di attenzione e di lavoro nel percorso psicologico, è essenziale che tu giunga “ben equipaggiato”. In concreto, si può testare il tuo livello di motivazione da alcuni segnali: se cerchi attivamente informazioni sul tuo problema, contatti direttamente lo psicologo, ti presenti con regolarità alle sedute e ti impegni costantemente durante il percorso, riflettendo sulle tematiche emerse e svolgendo esercizi o pratiche suggeriti dallo psicologo.

3 – La relazione terapeutica
Un altro aspetto cruciale per un percorso psicologico gratificante è la qualità della relazione che si instaura tra lo psicologo ed il paziente. Il successo del percorso è dettato da come paziente (tu) e psicologo (io) riescono a stabilire un contatto umano profondo, reale e genuino.
Lo psicologo sa vederti come una persona dotata di risorse e qualità utili a risolvere i tuoi problemi, nutrendo fiducia in te e provando rispetto e considerazione positiva. Dall’altra parte, tu devi sentire di poterti fidare del tuo psicologo, riuscendo a svelarti progressivamente sempre di più e impegnandoti attivamente nel percorso.

Insieme è necessario poter discutere apertamente delle eventuali difficoltà che emergono nella relazione terapeutica e insieme ripararle.
Quando la relazione terapeutica è efficace, lo psicologo non ti impone la propria visione, non ti spinge nella “direzione giusta”, ma lti accompagna a scoprire, con i tuoi tempi, le soluzioni al tuo problema.

4 – I benefici nella tua vita
Ogni percorso psicologico non porta soltanto ad una visione nuova e più serena di te, ma produce dei miglioramenti concreti nella vita quotidiana, osservabili sia da te sia da chi gli sta intorno.
Mitighi certi comportamenti o atteggiamenti fonte di sofferenza, che prima mettevi in atto in modo automatico. Riesci ad avere una maggiore consapevolezza dei tuoi bisogni e ad agire sulla base del tuo autentico sentire, non più solo sulla spinta di opinioni altrui o di rigide regole su “cosa è giusto o sbagliato”.

Sei in contatto con le tue emozioni, non sei disorientato o spaventato rispetto ad esse, ma divieni progressivamente in grado di esprimerle e padroneggiarle efficacemente per raggiungere obiettivi, acquisendo maggiore potere nella tua vita. Divieni capace di intrecciare relazioni umane più intime e gratificanti, come pure operare scelte autonome senza sentirti imbrigliato in rapporti con persone e contesti fonte di sofferenza.

Acquisisci una migliore capacità di espressione, per cui comunichi in modo aperto ed assertivo, senza prevaricare o accondiscere agli altri, ma manifestandoti per la persona che sei, con le tue idee e le tue emozioni legittime. Divieni progressivamente più sereno, ti senti a tuo agio nei vari contesti della tua vita, sei più rilassato e padrone di te, cosa che viene notata anche dagli altri, familiari, amici, partner e colleghi, che iniziano a porsi diversamente nei tuoi confronti. Divieni in grado di assumerti le responsabilità delle tue azioni, ti muovi attivamente per creare le condizioni del tuo benessere. In poche parole, divieni il protagonista della tua vita, scoprendo (o riscoprendo) talenti, aspirazioni e passioni.

Un percorso psicologico efficace porta questi ed altri miglioramenti stabili nel tempo. Puoi dirti cresciuto se sul lungo termine riesci a servirti degli strumenti appresi in questa esperienza come di “una cassetta degli attrezzi”, utile a fronteggiare le nuove sfide della vita quotidiana o le eventuali difficoltà che potrai incontrare sul tuo cammino.

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14 Aprile 2017/da Federica Piana
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Cos’è la psicoterapia: una visione d’insieme

La psicoterapia

Il termine psicoterapia deriva dal greco e significa “cura dell’anima“. Si tratta di un tipo di lavoro svolto da un professionista, medico o psicologo adeguatamente formato, finalizzato a curare le varie forme di sofferenza psichica. Con la psicoterapia una persona, una coppia, una famiglia o un gruppo intraprende un processo di conoscenza e cambiamento, che coinvolge i livelli del comportamento, delle emozioni e dei pensieri.

La psicoterapia cura attraverso la relazione che si instaura tra me come professionista e te come paziente, poiché ogni disagio ha origine all’interno di relazioni, dai primissimi anni di vita fino all’età adulta. In quest dimensione la parola è più di una parola: è un contatto profondo tra due persone che si realizza in un contesto di fiducia, empatia e rispetto reciproco. Tu puoi trovarti a fronteggiare una fase critica della tua vita, oppure portare un malessere esistenziale.

Quest’ ultimo può presentarsi sotto forma di sintomi evidenti (come ansia, depressione, disturbi nell’alimentazione, fobie, attacchi di panico), o più in generale manifestarsi attraverso insicurezze o altri disturbi della sfera emozionale. La psicoterapia non è solo un intervento sul disagio: è soprattutto una grande opportunità di crescita. Dopo una buona psicoterapia sviluppi una maggiore consapevolezza del tuo modo di essere e di funzionare in vari campi della tua vita; divieno perciò in grado di usare con saggezza le tue risorse, interagire efficacemente con gli altri e fare scelte coraggiose in vista della tua autentica realizzazione.

Io da psicoterapeuta utilizzo a tal scopo un bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche maturate nel mio percorso di studi, di analisi personale e nella mia pratica professionale. Gli aspetti teorici si riferiscono alla comprensione del funzionamento mentale dell’essere umano, mentre le conoscenze pratiche riguardano gli aspetti applicati. Tra questi si annoverano molteplici tecniche, quali l’analisi dei sogni, il colloquio, le prescrizioni, le tecniche grafiche e creative.

Tale repertorio può variare molto in base all’orientamento che il professionista sceglie; esistono infatti molte scuole di psicoterapia, che, pur somigliandosi per alcuni aspetti, differiscono per la peculiare visione della mente umana, della salute e pertanto del modo di intendere la cura del disagio.

Dai primi anni del Novecento ad oggi si sono sviluppati moltissimi punti di vista sull’uomo, sulla malattia e la salute psicologica. Di conseguenza, i tipi di psicoterapia sono oggi tantissimi ed agiscono su aspetti diversi dell’essere umano, con l’intento comune di favorire uno stato di benessere che ti porti a realizzare le tue potenzialità.

Ad esempio, la psicoterapia cognitiva lavora principalmente sulla dimensione dei pensieri e delle convinzioni coscienti; la terapia psicodinamica, invece, sui conflitti tra forze psichiche e sugli aspetti inconsci, partendo dall’analisi dei primi anni di vita; infine, la terapia breve ad approccio strategico si focalizza sul qui ed ora, intervenendo sui meccanismi di mantenimento del problema piuttosto che sulle cause remote.

A differenza degli orientamenti sopracitati, l’approccio che utlizzo io lavora principalmente sulla dimensione affettiva e corporea della persona. Si tratta di un metodo integrato che combina in modo innovativo le tecniche derivanti dalle grandi tradizioni della psicologia umanistica (quali la Gestalt e la Terapia Centrata sul Cliente) con la meditazione e gli esercizi psico-corporei dell’analisi bioenergetica, con l’intento di contattare e dare espressione alle tue facoltà più sane, creando le basi per una salute globale e vibrante. Per approfondimenti vai a “Il mio approccio”.

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28 Marzo 2017/da Federica Piana
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Chi è lo psicologo. Differenze con altre figure professionali.

Chi è lo psicologo

Lo psicologo è una persona che, dopo una laurea di cinque anni in Psicologia, compie un tirocinio obbligatorio della durata di un anno presso strutture convenzionate con l’università, sotto la supervisione di un professionista, al fine di superare l’Esame di Stato necessario all’iscrizione all’Ordine degli Psicologi. Solo dopo aver superato questi passaggi è possibile l’iscrizione al Consiglio Regionale degli Psicologi di appartenenza ed ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione.

Lo psicologo abilitato dallo Stato e iscritto all’Ordine esercita una professione con finalità sanitarie, cioè di prevenzione, promozione della salute, diagnosi, consulenza, sostegno e riabilitazione, oltre alle attività di ricerca e didattica nell’ambito della psicologia, come previsto dalla legge n. 56 del 1989.

Gli psicologi non sono tutti uguali: esistono all’interno delle università indirizzi diversi – i più noti sono quelli in psicologia clinica e di comunità, in psicologia del lavoro e delle organizzazioni, in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, in psicologia generale e sperimentale – i quali forniscono competenze solo in parte diverse. Lo psicologo ad indirizzo clinico, quale io sono, è solitamente il più idoneo a svolgere diagnosi, sostegno e consulenza, poichè il suo curriculum di studi gli fornisce una preparazione più orientata su tali ambiti.

Quello che lo psicologo non può fare è svolgere una terapia per i disturbi psicologici eventualmente diagnosticati durante il lavoro di consulenza. Per tale attività non possiede nè le competenze nè il titolo. La cura dei disturbi psicologici attiene allo psicoterapeuta. Lo psicologo non fornisce inoltre ai suoi clienti un aiuto farmacologico, che spetta unicamente a professionisti iscritti all’Albo dei Medici.

Lo Psicoterapeuta è un laureato in Psicologia o Medicina e iscritto ai relativi Albi, che ha completato una formazione post-universitaria di almeno quattro anni riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, svolgendo un ulteriore tirocinio di minimo 400 ore presso strutture convenzionate. Alcune scuole richiedono inoltre un percorso di analisi personale a cui ogni allievo è tenuto a sottoporsi prima del termine dell’iter formativo. Pertanto, lo psicoterapeuta può essere sia medico che psicologo;

nel caso che sia psicologo può esercitare tutte le attività dello psicologo ed in più la psicoterapia; nel caso che sia medico può esercitare le attività del medico, come la prescrizione di farmaci, e quelle dello psicoterapeuta.

L’attività dello psicoterapeuta è una pratica che si occupa della cura di disturbi psicopatologici della psiche umana di natura ed entità diversa (da forme di disagio personale lieve alla sintomatologia grave), ed agisce attraverso l’utilizzo di due strumenti: il colloquio clinico e la relazione terapeutica. La psicoterapia va quindi più in profondità rispetto alla consulenza psicologica, e consente di realizzare un cambiamento più incisivo, “strutturale” della personalità.

Lo psichiatra è una persona laureata in Medicina che ha anche conseguito una specializzazione post-lauream in Psichiatria, cioè un corso di studi orientato alla conoscenza e alla cura delle malattie mentali attraverso modalità e strumenti caratteristici della professione medica.

Rispetto alle modalità di intervento del disagio offerte dallo psicoterapeuta, lo psichiatra è maggiormente orientato a considerare il disturbo mentale come derivante da un malfunzionamento a livello biochimico del sistema nervoso centrale. Per questo motivo la principale modalità di cura proposta dallo psichiatra è quella farmacologica. In alcuni casi può essere indicato che lo psicologo e psicoterapeuta collabori con lo psichiatra nella presa in carico del paziente, e che quindi alla psicoterapia si associ una terapia farmacologica.

Lo psichiatra è anche abilitato, previa richiesta formale, all’esercizio della psicoterapia, quindi all’interno della categoria degli psicoterapeuti esistono anche psichiatri con questo titolo.

Oltre alle figure professionali citate, oggi ne esistono altre,che, a vario titolo e con diversi tipi di formazione, affermano di potersi occupare di materie psicologiche. Ciò spesso è fonte di confusione in chi necessita di un intervento specialistico senza avere riferimenti chiari.

Tra queste figure si ricordano in particolare il counselor, il coach, il reflector, il motivatore, il consulente filosofico e così via.
Il counselor è una figura professionale riconosciuta dallo Stato (secondo la legge n. 04 del 2013), ma non regolamentata da esso, ovvero non soggetta a un ordine professionale che fissi determinati requisiti o parametri, sia sotto l’aspetto del percorso formativo per l’ acquisizione del titolo di counselor, sia per stabilire un codice etico e deontologico a tutela degli utenti. Anche se vi sono a volte delle associazioni, queste forme di registrazione non sono regolate dalla nostra legislazione.

Non essendo una professione sanitaria, l’ambito di pertinenza del counselor è limitato alla salutogenesi: agisce cioè in quei contesti dove non c’è disagio o disturbo mentale. Il counselor può essere definito come agevolatore nelle relazioni d’aiuto in ambito non patologico, che non tratta il disturbo mentale e quindi non cura, non potendo per legge erogare una terapia.

Nel riguardo di ogni professionalità e della libertà di rivolgersi alla figura prescelta, si consiglia di chiedere precise informazioni al professionista contattato, in merito alla sua formazione, al numero d’iscrizione all’Albo, alle competenze ed al tipo d’intervento proposto, nel rispetto della deontologia e della tutela della propria salute.

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13 Marzo 2017/da Federica Piana
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Che cosa si fa dallo psicologo?

Che cosa si fa dallo psicologo?

Non è semplice dare una definizione univoca di pratica psicologico-clinica ma, in sintesi, posso definirla come l’attività che lo psicologo svolge nel suo studio insieme alla persona portatrice di una qualche richiesta di aiuto.
Il termine “clinico” in questione deriva dal greco “cliné”, che vuol dire letto, e fa riferimento a “tutto ciò dove l’uomo può appoggiarsi, distendersi” (Dizionario etimologico online). Questo termine è stato adoperato inizialmente dalla medicina per indicare la cura fornita al capezzale del malato, ma si è poi esteso all’ambito psicoterapeutico, data la diffusione in psicoanalisi dell’uso del lettino, infine a quello psicologico in senso generale.
Il termine “clinico” assume, quindi, due significati principali: il significato di “cura” inteso come terapia, vale a dire il percorso di guarigione da una malattia, fisica o psicologica, e il significato di “prendersi cura di” una persona portatrice di un disagio non necessariamente definibile come una patologia vera e propria.

I tipi di percorsi psicologici che offro sono sostanzialmente tre: il sostegno, la consulenza e la psicoterapia. Tutti hanno luogo dopo una prima fase di accoglimento, di analisi e comprensione della tua richiesta di aiuto, e di valutazione psicodiagnostica globale. Quest’ultima si attua principalmente per mezzo del colloquio ed, eventualmente, di test, scale e questionari. (Vedi la sezione “Aree di intervento”)

Il sostegno psicologico è un tipo di intervento che si rivolge a chi (minore o adulto, coppia, famiglia o gruppo) vive una situazione di disagio che limita la persona/le persone nelle sue/loro possibilità di scelta e crescita, o che ne mette a repentaglio l’equilibrio psicologico. È un percorso di breve durata rivolto a chi sia sufficientemente in grado di attingere alle proprie risorse interiori, ma che in un determinato periodo della vita si trovi bloccato nel farlo, in un’impasse.

Il sostegno può rappresentare, per chi ne fruisce, un utile strumento, poiché promuove la costruzione di nuove modalità di rapportarsi con se stesso e con gli altri. Lo scopo di un intervento di questo tipo è quello di offrirti un supporto empatico, aiutandoti ad affrontare una crisi momentanea e gestendo al meglio il tuo disagio fino al superamento dello stesso.

La consulenza psicologica è uno strumento che, attraverso l’uso della relazione tra me come psicologo e te come cliente, facilita lo sviluppo delle tue risorse migliorando la conoscenza e la padronanza di te. Lo psicologo, a differenza di quanto ci si può aspettare da un familiare o un amico, è un professionista che si astiene dal dare consigli, suggerimenti su ciò che è giusto o sbagliato o, tantomeno, dal persuaderti in qualunque direzione.
Attraverso l’ascolto attivo e l’empatia, lo psicologo:

E’ interessato a conoscere in modo profondo il tuo mondo, senza giudicarti;
Ti aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza dei motivi alla base delle tue difficoltà;
Facilita il potenziamento delle tue risorse, interne ed esterne;

Rispetta le tue convinzioni, i tuoi valori e le tue scelte;
Ti accompagna a trovare la tua personale strada verso un maggior benessere.

La consulenza psicologica non è psicoterapia, in quanto differisce per obiettivi, tempi e metodi.
E’ un intervento, limitato nel tempo e con obiettivi focalizzati, rivolto alla promozione del benessere, adatto a chi necessita di svolgere un percorso mirato su una specifica area della propria vita o su un particolare problema che in un certo momento richiede il supporto specialistico. Se vuoi saperne di più su cos’è la psicoterapia e cosa può fare per te vai qua: http://federicapianapsicologa.it/lavorare-le-emozioni-cambiamento-psicoterapia/      http://federicapianapsicologa.it/la-psicoterapia-umanistica-bioenergetica/

Approfondisci il mio approccio qua: http://federicapianapsicologa.it/il-mio-approccio/

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