Che cos’è l’alessitimia?
Il termine alessitimia è stato coniato negli anni settanta da John Nemiah e Peter Sifneos, per definire un tratto di personalità, cioè una caratteristica tendenzialmente stabile, presente nei pazienti con disturbi psicosomatici (quali ulcera gastroduodenale, asma, eczema ecc ecc). Il termine alessitimia deriva dal greco alexis thymos e tradotto in senso letterale significa “assenza di parole per le emozioni”. Nello specifico, il termine alessitimia rappresenta un disturbo delle capacità affettive e simboliche che rende grigio e sterile lo stile comunicativo delle persone con questo tratto marcato.
L’alessitimia comporta una serie di difficoltà rispetto a:
- Decifrare, comunicare e interpretare i propri e gli altrui sentimenti;
- Distinguere le emozioni dalle percezioni fisiologiche;
- Capire i fattori che causano le proprie risposte emotive;
- Utilizzare il linguaggio verbale come strumento per esprimere le emozioni, con conseguente tendenza a sostituire la parola con l’azione fisica.
Taylor, Bagby e Parker (2000) a tal proposito, hanno considerato l’alessitimia un disturbo dell’elaborazione degli affetti che interferisce con i processi di auto-regolazione emotiva. Questo deficit può essere una causa alla base della tendenza della persona alessitimica ad attuare alcuni comportamenti compulsivi quali: gettarsi nel cibo, abusare di sostanze o di internet e social media, quali mezzi grossolani per scaricare la tensione generata da un’attivazione emotiva non intercettata, capita né elaborata.
Una persona alessitimica presenta un comportamento apparentemente normale, non suscita particolare attenzione, ma può avere posture rigide, non è tipicamente espressivo e comunicativo, può avere esplosioni di rabbia o scoppi di pianto inconsolabile di cui non riesce a comprendere le cause. Ha un’immaginazione impoverita, e scarsa attività onirica, cioè dei sogni. Pur avendo una attivazione fisiologica congrua in presenza di emozioni, non ha sufficiente capacità di riorganizzare gli elementi della propria esperienza corporea e affettiva in una rappresentazione mentale chiara, in un modello mentale definito.
L’alessitimia è un fenomeno molto variegato, risultato di fattori genetici, neurofisiologici , intrapsichici, oltre che di modelli di comunicazione familiare e fattori socioculturali.
L’alessitimia rappresenta un fattore di rischio per disturbi sia organici sia psicologici: coronaropatie, ipertensione, disturbi gastrointestinali, disturbi alimentari, disturbi d’ansia e depressivi, disturbi correlati alle sostanze. Questo accade perchè vi è nella persona un’alta reattività del sistema nervoso autonomo (un ramo del sistema nervoso), fattore implicato nelle somatizzazioni. La persona tende a stabilire relazioni di forte dipendenza o, al contrario, a ritirarsi nell’isolamento, tende, inoltre, a concentrarsi sulle sensazioni fisiche correlate alle emozioni, delle quali ha una scarsa consapevolezza e comprensione, da ciò può derivare una distorta interpretazione di tali sensazioni, che porta a paure ipocondriache, cioè di stare per sviluppare o di avere di già una malattia corporea, anche severa.
Le basi neurofisiologiche
A livello neurofisiologico, essendo l’emisfero cerebrale sinistro coinvolto nel linguaggio, mentre il destro nell’elaborazione delle emozioni, è probabile che la scarsa comunicazione tra gli emisferi e il deficitario funzionamento dell’emisfero destro siano le cause dell’alessitimia. Esistono poi due tipi di alessitimia: quella di tipo 1, caratterizzata dall’assenza di attivazione emotiva, e quella di tipo 2, che comporta solo un deficit di decodifica cognitiva e di espressione delle emozioni. Tali problematiche sono da considerarsi come esiti di eventi traumatici che hanno spezzato abilità precedentemente acquisite o come esiti di uno sviluppo inadeguato delle facoltà di mentalizzazione, cioè di rappresentazione della mente propria ed altrui. Tali facoltà si sviluppano già dai primi anni di vita per mezzo di un ambiente favorevole dove il bambino viene aiutato ad ascoltare, conoscere e comunicare i propri vissuti interni con comportamenti funzionali e con un vocabolario via via più esteso e ricco. Questo tratto stabile di personalità è maggiormente presente negli uomini, dato il retaggio culturale che spinge nell’educazione dei bambini maschi a insegnare loro abilità pratiche anziché quelle affettive e relazionali.
La Psicoterapia
Da un punto di vista terapeutico, è fondamentale riabilitare la persona a prendere contatto con il proprio mondo interno, dal quale tende a fuggire e che gli appare del tutto misterioso, per costruire le competenze di base dell’intelligenza emotiva, vale a dire intercettare l’emozione differenziandola dalle sensazioni corporee, distinguerla e decifrarla correttamente, imparare ad incanalarla in un linguaggio espressivo e verbale congrui. Tutto questo processo, lungo ma soddisfacente, ridà alla persona le chiavi per accedere al suo mondo interiore e gli strumenti per interagire con gli altri costruendo relazioni amicali, familiari e di coppia articolate e reciproche. Per saperne di più sul mondo delle emozioni, nonchè approfondire la tua conoscenza sulle singole emozioni, le caratteristiche e i significati, ti invito a leggere tutti gli articoli dedicati su questo blog. Buona lettura! Se ti ritrovi nei comportamenti alessitimici che trovi descritti, se questo procura sofferenza a te e a chi ti sta intorno, valuta di richiedere un primo colloquio clinico, in cui possiamo inquadrare la tua situazione e ipotizzare un percorso idoneo per te.
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