In questo articolo voglio parlarti di un aspetto fondamentale all’interno del grande tema delle emozioni: il problema del discontrollo e dell’ipercontrollo emotivi. Ti ricordo che, cercando dentro a questo blog con la lentina “Gestione delle emozioni, puoi trovare moltissimi articoli dedicati a questo tema a me molto caro, di cui mi occupo quotidianamente, in studio e online con i miei pazienti, e sul quale continuo a formarmi con svariati corsi e letture.

Il problema del discontrollo emotivo

Per primo voglio illustrarti in cosa consiste il problema del discontrollo: il discontrollo ha a che vedere con un controllo insufficiente sulle tue emozioni, in questo caso il problema di regolazione consiste in un deficit, un difetto, si parla perciò di disregolazione. Venendo al lato pratico, quando ti trovi in una situazione emotivamente attivante (cioè una situazione che a te suscita certe emozioni, non è affatto detto che sia una situazione dove anche altri proverebbero le tue medesime reazioni), sperimenti un emergere forte, talvolta improvviso o persino travolgente, delle tue emozioni, rispetto alle quali ti senti poco efficace o addirittura impotente. Puoi sentire un’attivazione corporea forte, per cui senti che il respiro, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, il tono muscolare, le sensazioni viscerali, l’equilibrio e la temperatura cambiano: questa è la parte corporea che sempre si accompagna al manifestarsi di un’emozione e che,  quando vai nel discontrollo, può essere davvero forte. In altri termini, sperimenti quello che viene chiamato sequestro emozionale: sei come imprigionato dalla tua emozione, è lei ad avere il controllo su di te. E’ come se non ti percepissi al comando di te stesso, e hai la sensazione di poter solo aspettare che passi questo tumulto interiore. Quando sei preda del discontrollo emotivo ti ritrovi a comportarti in modi che possono nuocere a te e alle tue relazioni: dici o fai cose che non diresti nè faresti se sapessi regolare meglio le tue emozioni. Puoi arrabbiarti molto con te stesso o vergognarti, perchè in difficoltà nel gestire alcune tue emozioni in situazioni e contesti per te sfidanti. Da qui un calo di autostima e di efficacia personale.

Venendo ora alle cause, occorre che ti ricordi che, come per tutte le questioni che riguardano la salute e il benessere psicofisici, anche in questo caso si parla di cause e con-cause molteplici: in gergo tecnico si parla di “eziologia multifattoriale”, poichè non c’è una sola causa a determinare una caratteristica o un problema, quanto un insieme di fattori. Diverse sono le cause del problema del discontrollo emotivo: alcune vanno rintracciate molto indietro nel tempo, negli ambienti dove trascorrevi la maggior parte del tempo nella tua infanzia e adolescenza, come la tua famiglia o la scuola. Ad esempio, può esserti accaduto di assistere a situazioni dove gli adulti manifestavano discontrollo di alcune emozioni, molto di frequente ansia e rabbia (con attacchi di ansia acuta e panico, esplosioni di rabbia e quant’altro), o di non essere stato aiutato a conoscere e diventare capace di gestire queste emozioni, o di ascoltare storie dove altri manifestavano discontrollo. Talvolta, questo problema può essere imputato a una carente disciplina nella tua educazione, cioè all’assenza di regole chiare sul comportamento da tenere in situazioni emotivamente impattanti. Oppure, può esserti stato passato il messaggio, ovviamente distorto, che una persona che manifesta discontrollo è una persona grintosa, sicura di sè, che non ha paura di manifestare con forza ciò che pensa e ciò che prova: in tal caso hai ricevuto messaggi rinforzanti sul discontrollo, rendendo più probabile che tu lo incamerassi mentalmente e lo mettessi in pratica. Quanto più spesso hai sperimentato il discontrollo su alcune emozioni in passato, tanto più è probabile che ti senta suscettibile a riviverlo oggi e in futuro, poichè è una modalità per te più disponibile di altre, magari utilizzate poco o mai apprese: a meno che non decidi di imparare a regolare meglio le tue emozioni, con strumenti di auto-aiuto, o, se vuoi fare un lavoro più incisivo, intraprendere un percorso di psicoterapia con un professionista.

Il problema dell’ipercontrollo emotivo

Vado adesso ad illustrarti il problema opposto, ma non per questo meno importante: il problema dell’ipercontrollo, che ha a che vedere con un controllo eccessivo sulle tue emozioni, in questo caso il problema di regolazione consiste in un eccesso, si parla perciò di sovraregolazione. Venendo al lato pratico, quando ti trovi in una situazione emotivamente attivante, non sperimenti un emergere forte dell’emozione, al contrario, rimani “freddo”, passami il termine, senza percepire nulla o quasi. Non puoi quindi sentire un’attivazione corporea forte, per cui i parametri fisici che prima ti ho elencato non cambiano sostanzialmente: non fai l’esperienza dell’emozione. In altri termini, sperimenti quello che viene chiamato blocco emozionale: sei in uno stato simile a un congelamento emotivo. E’ un restare impassibile, come se non fossi sfiorato dalla situazione in cui ti trovi. Quando vai nell’ipercontrollo emotivo ti ritrovi a comportarti in modi controproducenti per te e chi ti sta vicino, ma in un modo diverso rispetto al discontrollo: senti poco contatto con te stesso, con la tua parte più profonda, dove risiedono i tuoi bisogni, desideri e scopi autentici, puoi percepirti bloccato, o meccanico, e questo può portarti a relazioni più povere emotivamente.

Come ti ho spiegato per il discontrollo, diverse e molteplici sono le cause del problema dell’ipercontrollo emotivo: alcune vanno rintracciate molto indietro nel tempo, negli ambienti dove trascorrevi la maggior parte del tempo nell’infanzia e nell’adolescenza, come la tua famiglia o la scuola. Ad esempio, può esserti accaduto di assistere a situazioni dove gli adulti manifestavano l’ipercontrollo di alcune emozioni, molto di frequente tristezza, piacere/gioia e rabbia (situazioni dove c’era il tabù di queste emozioni, indicibili e quindi inesprimibili), o di non essere stato aiutato a conoscere e gestire in modo equilibrato queste emozioni, o di ascoltare storie dove altri manifestavano ipercontrollo, o di essere stato lodato quando non reagivi emotivamente alle situazioni. Talvolta, questo problema può essere imputato a un eccesso di disciplina nella tua educazione, cioè a regole troppo rigide sui comportamenti da tenere, e puoi aver imparato che controllarti, inibire le tue emozioni e la tua spontaneità sono qualità indiscusse e degne di approvazione. In questo caso hai ricevuto messaggi rinforzanti l’ipercontrollo, creando nessi di significato tra questa strategia di regolazione emotiva e l’immagine di te, o il valore personale.

Quanto più spesso hai sperimentato l’ipercontrollo su alcune emozioni in passato, tanto più è probabile che ti senta suscettibile a riviverlo oggi e in futuro, poichè è una stratagia divenuta preferenziale o automatica; a meno che non decidi di imparare a regolare meglio le tue emozioni, con strumenti di auto-aiuto, o, se vuoi fare un lavoro più incisivo, intraprendere un percorso di psicoterapia con un professionista. 

I traumi

Un altro fattore che voglio citare è la questione dei traumi e del loro ruolo. Sia il discontrollo che l’ipercontrollo possono anche essere causati da eventi molto stressanti, come i traumi, che, spezzando i tuoi equilibri, possono compromettere la tua capacità di gestire le emozioni e condurti a sperimentare montagne russe come pure appiattimento ed anestesia emotivi. Un trauma, per definizione, è un evento che supera le capacità di adattamento dell’individuo, che ne viene sopraffatto, travolto, e sperimenta, oltre a uno tsunami emotivo, conseguenze sul breve, medio o anche lungo termine su più piani: cognitivo (cioè convinzioni e pensieri distorti su se stesso, gli altri e la vita), fisico (i traumi hanno un impatto sul corpo, su apparati e sistemi, contribuendo all’aggravamento di patologie già presenti o all’esordio di nuove patologie) e comportamentale (l’individuo può modificare alcuni suoi comportamenti, ad esempio evitare luoghi, persone o attività che gli risultano attivanti per i ricordi traumatici).

Suggerimenti pratici

Il discontrollo e l’ipercontrollo sono due problemi trasversali a una serie di condizioni cliniche, cioè di patologie psicologiche, e possono anche comparire entro la stessa patologia, in momenti differenti. Per citare solo alcune patologie in cui risultano evidenti, posso citare i disturbi di personalità del cluster B, caratterizzati da drammaticità ed amplificazione emotive, instabilità personale e nelle relazioni e impulsività, come i quadri Borderline, Narcisistico, Antisociale e Istrionico. In questi quadri è ampiamente presente il discontrollo emotivo, come pure è riscontrabile nei disturbi dello spettro bipolare, come il disturbo Bipolare di tipo I, di tipo II, e il disturbo Ciclotimico, nelle dipendenze comportamentali (gioco d’azzardo, abuso di internet) e nei disturbi correlati all’uso di sostanze. Tipicamente il problema dell’ipercontrollo è presente nei disturbi di personalità con prevalente inibizione/coartazione emotiva, come quelli del cluster C, caratterizzati da ansia, evitamento e rigidità, ad esempio i quadri Evitante e Ossessivo-Compulsivo. Torno a dirti, comunque, che sia il discontrollo che l’ipercontrollo possono coesistere nella persona che presenta una patologia psicologica (o un malessere di minore entità).

Venendo adesso alla parte terapeutica, ti dico che, per combattere gli automatismi alla base del discontrollo e dell’ipercontrollo, occorre sviluppare quante più possibili alternative di risposta: devono essere numerose così che nelle situazioni critiche avrai un ventaglio di alternative cui attingere anzichè il solito automatismo, quello che hai appreso in circostanze in cui ti era utile e che hai poi generalizzato a molte altre situazioni. Questa sperimentazione, paziente, metodica e persino giocosa, rappresenta la modalità più proficua per riacquisire davvero padronanza ed efficacia personale. Non ci sono scorciatoie, la mente umana è complessa, tu sei un essere complesso e multisfaccettato, per cui è bene che adotti una visione il più possibile ampia e panoramica su di te per poter lavorare in modo incisivo. 

Per aiutarti a gestire meglio le tue emozioni e liberarti dai problemi di discontrollo o di ipercontrollo ti suggerisco di iniziare dai suggerimenti che trovi negli altri articoli di questo blog poiché troverai una panoramica sul ricco mondo delle emozioni, capirai in che modo avviene il cambiamento attraverso le emozioni, oltre ad un percorso di auto-aiuto in 5 step spiegato passo dopo passo. 

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Che cos’è l’autocompassione

La compassione si può definire come la capacità di riconoscere la sofferenza unita alla deliberata intenzione di alleviarla. In questo articolo mi voglio concentrare esclusivamente sull’autocompassione, vale a dire la capacità di rivolgere questo atteggiamento di gentile sollecitudine ed amorevolezza verso te stesso.

Quante volte ti sarà capitato di commettere degli errori, magari anche di ripetere i medesimi più e più volte, e trovarti con la testa fra le mani criticandoti duramente? O magari rivolgendoti parole offensive? A me è successo parecchie volte, perchè, naturalmente, concetti come questo dell’autocompassione (al contrario della compassione verso gli altri) non hanno fatto parte del mio background personale e della mia educazione fin dall’infanzia: sono cresciuta con una tendenza spiccata all’autocritica e all’autobiasimo, come moltissime persone del resto; tendenza che mi ha portata ad accumulare non poca frustrazione nei momenti di difficoltà.

I problemi della mancanza di autocompassione

Sì, il problema principale dell’eccedere nell’autocritica sta proprio qui: di fronte ad un problema, ad una situazione fonte di sofferenza, non sei capace di prenderti cura di te e di autosostenerti per giungere a delle conclusioni e a individuare possibili soluzioni. Quando manchi di autocompassione l’esito più comune sta nel rimanere incastrato in un loop negativo, un circolo vizioso in cui al problema segue la difficoltà o impossibilità a trovare una soluzione praticabile, da qui il forte rimuginio associato ad un dialogo interiore autocritico che può risultare particolarmente distruttivo quando ti “bombardi” letteralmente di insulti, parole che molto difficilmente rivolgeresti ad un’altra persona. Da questo circolo vizioso emerge uno stato d’animo caratterizzato da intense frustazione, impotenza, rabbia, persino colpa e vergogna per il ritrovarti a fare i medesimi errori o, in altri casi, per il non sentirti all’altezza della situazione attuale. A questo crogiolo di stati d’animo dolorosi, poi, associ spesso il confrontarti con quello che altri nella tua situazione avrebbero dimostrato di saper fare: il risultato è sentirti “inferiore, debole” rispetto agli altri; senza renderti conto che in questo confronto puoi essere non obiettivo e giudicarti da una lente ingiustamente negativa. In sintesi, i problemi derivanti dalla carenza (o dalla mancanza) di autocompassione sono i seguenti: 

  1. Frustrazione e rabbia: ti vedi incapace di risolvere il problema attuale o di trovare escamotage per tirartene fuori;
  2. Senso di colpa e vergogna: ti senti inadeguato a causa dei tuoi errori, che concepisci come fallimenti totali e che senti come il “marchio” della tua inadeguatezza;
  3. Impotenza: ti senti senza speranza di poter risolvere i problemi futuri, come in trappola;
  4. Difficoltà a porti nuovi obiettivi: schiacciato dalla sofferenza, puoi persino evitare di porti nuove mete, nuovi obiettivi, con la previsione più o meno certa di non saperli portare avanti con successo.

Le componenti dell’autocompassione

Kristin Neff, eminente studiosa nel campo, definisce l’autocompassione sulla base di 3 componenti chiave: la gentilezza verso te stesso, il senso di comune umanità e la mindfulness. Di seguito te ne parlo in dettaglio:

  1. La gentilezza verso te stesso: rispetto all’autocritica e all’autobiasimo, che, come hai visto, possono risultare marcatamente distruttive poichè azzerano le tue risorse; la gentilezza verso te stesso ti aiuta ad essere gentile, premuroso e sollecito nei tuoi confronti. Non si tratta assolutamente di essere indulgente laddove serva un’autoanalisi realistica: essere gentile verso te stesso non ti porta a deresponsabilizzarti, tutt’altro, ti mette in uno stato d’animo favorevole a comprendere i tuoi errori e i tuoi limiti al fine di superarli;
  2. Il senso di comune umanità: a differenza dell’isolamento o, peggio, dell’alienazione, vale a dire stati in cui ti senti diverso in negativo rispetto agli altri, solo, incompreso e smarrito; il senso di comune umanità ti facilita nel pensarti come una persona appartenente al genere umano. Ti consente, quindi, di sentirti simile al tuo prossimo, più vicino agli altri (cosa non di poca importanza poichè ti legittima nel chiedere aiuto agli altri anzichè blindarti in uno stagnante isolamento). Sentendoti un umano circondato da altri umani, puoi sperimentare le tue difficoltà come ingredienti della naturale condizione umana anzichè come marchio della tua inadeguatezza di fondo (se conosci la sensazione di “sentirti sbagliato”, sai a che cosa mi riferisco).
  3. La mindfulness: a differenza dell’identificazione con i tuoi contenuti mentali, vale a dire pensieri, convinzioni, emozioni e impulsi, tendenza che ti conduce a fonderti completamente con essi e a perderti nei loro meandri; la mindfulness, quale facoltà che ti mette in grado di prestare attenzione in modo intenzionale e non giudicante all’esperienza presente, ti aiuta ad essere pienamente consapevole dei tuoi contenuti mentali, di quello che pensi, senti e provi, senza sentirti trascinato o restare invischiato in tutto questo.

I benefici dell’autocompassione

Numerosi studi hanno dimostrato che persone con punteggi elevati di autocompassione mostrano una minore vulnerabilità a disturbi d’ansia e dell’umore (stati depressivi), maggiori resilienza (ebbene sì, coltivare l’autocompassione ti rafforza e ti rende più equipaggiato a superare eventi difficili), ottimismo, livelli di soddisfazione generale nella vita, serenità e relazioni interpersonali, dall’altra parte, chi ha elevata autocompassione presenta minori probabilità di avere paura di sbagliare o di fallire, rimuginio e autopunitività (cioè la tendenza a biasimarti così duramente da punirti con insulti o comportamenti autolesivi). Sì, lo testimoniano gli studi scientifici come pure lo riportano i resoconti di persone che hanno avviato un percorso di psicoterapia (o altri percorsi volti alla crescita personale): chi coltiva l’autocompassione ha una migliore qualità di vita e, a differenza di quello che a prima occhiata potresti pensare, non manca di giudizio critico su di sè: semplicemente sa servirsene meglio, in modo funzionale, anzichè farsene sommergere e azzerare in questo modo le proprie risorse. Non ti sto dicendo che provare autocompassione sia semplice, talvolta puoi pensare di non meritarti questo “dono”, puoi sentirlo come non familiare, soprattutto se, durante la tua crescita, non hai vissuto frequentemente situazioni dove ti sei sentito accolto e apprezzato in quanto persona (a prescindere dalle tue capacità o dai tuoi talenti) dagli altri o hai sperimentato poco calore e comprensione nella tua famiglia. Tuttavia, come ogni facoltà mentale, anche l’autocompassione si può coltivare, si può allenare: se hai già familiarità con la mindfulness ti trovi avvantaggiato, essendo questa una delle 3 componenti chiavi dell’autocompassione. Se non la conosci e sei interessato, ti suggerisco di leggere i miei articoli a riguardo: https://federicapianapsicologa.it/la-meditazione-mindfulness/ https://federicapianapsicologa.it/i-falsi-miti-sulla-mindfulness/ https://federicapianapsicologa.it/resilienza-e-mindfulness/

Un esercizio di autocompassione

Voglio concludere questo articolo sull’autocompassione, concetto (anzi, direi un’esperienza) a me molto caro e che ha cambiato molto in positivo la mia vita e quella dei miei pazienti, proponendoti un piccolo esercizio per aiutarti ad entrare in contatto con questa dimensione, potenzialmente già presente dentro di te ma che può essere ulteriormente potenziata. Di seguito trovi descritto questo esercizio, che si basa sul dialogo interiore. Spero che ti sia utile e che ti introduca a fare un’esperienza di te stesso nuova, fortificante e rasserenante allo stesso tempo.

  • Individua una situazione per te difficile, in cui stai lottando o soffrendo;
  • Da seduto, assumi una posizione che trasmetta dignità e rispetto per te stesso: con la schiena eretta ma non rigida, i piedi paralleli e ben poggiati sul pavimento, la testa allineata con la colonna. Poni una mano sull’addome e l’altra sul cuore: porta l’attenzione al tuo respiro che entra ed esce dal naso e dalla bocca, e che si fa sempre più calmo e regolare;
  • Prova a dire a te stesso: “Questo è un momento difficile per me. Comprendo che il mio dolore fa parte della vita, e che anche altre persone potrebbero sperimentarlo nella mia situazione. Per quanto sia tentato di giudicarmi aspramente, di arrabbiarmi con me stesso o di punirmi, scelgo di essere gentile con me stesso, in questo momento. Scelgo di concedermi la cura e la comprensione di cui ho bisogno”;
  • Accogli il tuo sentire mentre ti rivolgi queste parole. Mantieni il contatto con questa esperienza, anche se può all’inizio sembrarti “strana” o difficile. Non distrarti, non fuggire: se ti accorgi di vagare con la mente o di rimuginare sull’esercizio, riconnettiti al tuo respiro, calmo e regolare;
  • Ripeti questo esercizio ogni volta in cui sei portato ad affossarti mentre fai i conti con una situazione difficile. Lascia che queste parole si depositino sempre più profondamente dentro di te. Impara ad essere il primo alleato di te stesso!

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Fallisci nel raggiungere i tuoi obiettivi?

In questo articolo voglio parlarti di obiettivi, dei motivi per cui non riesci a raggiungerli e di come poter risolvere questo problema guadagnando in produttività e soddisfazione personale.

Sono certa che anche tu hai degli obiettivi adesso e ne hai avuti in passato, talvolta sei riuscito a raggiungerli, altre volte, forse molte volte, purtroppo no. Ti dico subito che non esiste un metodo geniale per raggiungere i tuoi obiettivi: in molti parlano di questo argomento e altrettanti propongono metodi i più diversi per metterli a segno. In questo articolo non tirerò fuori un eccezionale metodo mai visto, piuttosto, ti aiuterò a modificare la tua prospettiva mentale ed operativa, rendendoti più semplice raggiungere i tuoi obiettivi in qualunque campo.

Sei d’accordo con me che essere produttivo è una qualità fondamentale? Lo sei davvero quando sei in controllo del tuo tempo, sai gestirlo al meglio, non ne sei schiacciato ma sai mettere il tempo al servizio dei tuoi obiettivi e scopi. Sicuramente rivedere periodicamente i tuoi obiettivi ti aiuta a realizzare dove ti trovi sul cammino: spesso proprio alla fine dell’anno fai un bilancio dei successi e dei fallimenti e ti predisponi ad iniziare il nuovo anno con nuovi e più ambiziosi obiettivi.

Se fissarli è sicuramente un caposaldo irrinunciabile, è altrettanto vero che spesso non riesci a raggiungere i tuoi obiettivi: ti “perdi per strada”, ti dimentichi quasi degli obiettivi che ti sei prefissato, ti fai fuorviare dalle vicissitudini del quotidiano o dagli imprevisti, perdi la motivazione, ti fai influenzare negativamente dalle opinioni altrui. In sostanza, non ce la fai, molli, fallisci.

Il punto è che gli obiettivi da soli non bastano, per farli funzionare ti occorre altro. Mi riferisco ad un sistema: è questa la chiave di volta che ti indirizza verso il tuo successo. Prima di passare a illustrarti questo sistema, voglio dirti che come prima cosa devi accertarti che i tuoi obiettivi siano ben definiti. Un obiettivo per essere tale non è un sogno, è una meta realistica, è preciso e circoscritto (usa parole chiare per descriverlo), è temporizzabile, cioè raggiungibile in un arco di tempo ipotetico definito.

Gli obiettivi, per quanto essenziali poiché in assenza di questi non hai dei motivi validi per smuoverti, non sono sufficienti per il successo anche perché presentano dei limiti.

Come prima cosa voglio dirti che la differenza principale tra chi raggiunge maggiormente i propri obiettivi e chi molla e si dà per vinto è proprio la presenza nel primo caso di un sistema, cioè una mappa che orienta il percorso verso il successo. Se ti fissi esclusivamente sui tuoi obiettivi, entri in una visione “a tunnel” per cui non sei soddisfatto fino a quando non li hai raggiungi, cioè postponi la tua felicità al dopo, e poi hai un calo dell’umore dopo che li hai raggiunti, come se si creasse un vuoto e tu non avessi più alcuna motivazione. Inoltre, essere fissato sugli obiettivi in modo improprio fa sì che tu ci metta tutta la tua energia, togliendola da altri potenziali stimoli positivi che circolano nella tua vita.

Quando essere diretto verso un obiettivo presuppone una mentalità rigida puoi anche non cogliere i mutamenti nell’ambiente circostante e nella tua vita: magari sei fissato a raggiungere quell’obiettivo da qui ad un anno e per far ciò resti indietro su altre cose interessanti o fruttuose per te.

Bene. Ora vengo al concetto di sistema. Il sistema è una struttura composta da azioni ripetute ad un certo ritmo, una tantum ma soprattutto giornaliere, che ti consentono di acquisire nuove abilità e competenze e di rafforzarne di precedenti, accompagnandoti giorno dopo giorno verso gli obiettivi che ti sei prefissato. Quando utilizzi un sistema non incappi nei limiti che ti ho descritto per quanto riguarda gli obiettivi: fare ogni giorno o ad una certa cadenza determinate azioni ti fa entrare in un processo virtuoso per cui sei tendenzialmente sempre contento, poiché “ti godi la tua andatura”, sai che stai costruendo qualcosa che giorno dopo giorno diventa più sostanzioso.

Inoltre, la tua visuale è più ampia ed aperta agli stimoli che ti circondano. Guadagni in flessibilità e produttività, poiché non vai avanti a caso o “a ispirazione”, ma segui una mappa precisa che tu stesso hai costruito adattandola alle tue necessità.

Voglio ora illustrarti come impostare il tuo sistema personale volto a farti raggiungere i tuoi obiettivi. Non si tratta di un approccio da me creato, ma è esposto nel libro di Brian Fogg “Il metodo Tiny Habits: la rivoluzione a piccoli passi”.

Ecco i passi necessari da seguire per crearti una mappa super efficace verso il raggiungimento dei tuoi obiettivi:

  1. Il primo ingrediente è individuare il tuo “Perchè”: occorre che tu abbia un validissimo perché, cioè un’alta motivazione che ti faccia iniziare e ti sostenga lungo tutto il percorso. Devi avere una motivazione ancorata ai tuoi valori e provenire da te e solo da te, non da qualcun altro o dalle norme socio-culturali, dev’essere pertanto intrinseca.
  2. Trova tutte le azioni, i comportamenti pratici, una tantum e quotidiani, da mettere in pratica: anche se non le individui tutte, all’inizio parti con quelle essenziali così da crearti una base.
  3. Individua la versione più piccola di queste azioni essenziali: individua delle micro-azioni alla tua portata, così da scavalcare il senso di sovraccarico che potrebbe bloccarti già alla partenza.
  4. Poi creati le condizioni per mettere in pratica queste micro-azioni: semina nel tuo ambiente degli oggetti che facciano da promemoria, così da facilitarti. Ricorda: semplificare è fondamentale!
  5. Aggancia queste microazioni ad un’abitudine che già segui così da rendere tali azioni più piacevoli: può trattarsi di fare le tue microazioni in un particolare momento della giornata, come prima di colazione, in un coffee break di metà mattina, al tuo ritorno da lavoro o prima di andare a letto.
  6. Datti un feedback: sia personale sia dagli altri. Chiediti come sta andando il tuo percorso verso i tuoi obiettivi, chiediti quante abilità stai imparando o migliorando che ti conducono verso quegli obiettivi, e come ti senti emotivamente in questo processo. Chiedi poi ad altri di darti un feedback rispetto al tuo percorso. Non temere i giudizi, ogni feedback è un alleato prezioso per raddrizzare la rotta e aumentare la tua concentrazione verso gli obiettivi.
    Non temere di sbagliare, ogni errore è benvenuto: sappi coglierne il messaggio e vai avanti.
  7. Lo step finale è aggiornare e rivalutare il tuo sistema, cioè questa struttura dove hai calato i tuoi obiettivi. Valuta i progressi e nota i regressi, rifletti su possibili modifiche da apportare al sistema così che diventi più agile ed efficace. Guarda se il sistema che hai adottato ti sta aprendo nuove porte: ricorda di non fissarti unicamente sugli obiettivi finali, ma innamorati del processo in cui ogni giorno metti dedizione ed energia.
  8. Premiati per ogni successo: questo è uno step trasversale che permea l’intero sistema. Ogni giorno puoi essere grato a te stesso per quello che stai facendo, per i tuoi risultati e per l’impegno costante che ci stai mettendo. Premiati per ogni successo: festeggiati, accompagna ogni piccolo o grande risultato con un riconoscimento positivo a te stesso!

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Resilienza e Mindfulness 

Come la consapevolezza ti rende più forte davanti allo stress.

in questo articolo ti parlo di come puoi ridare slancio alla tua vita da un punto di vista psicologico, riorganizzandoti e continuando a perseguire i tuoi obiettivi in un momento difficile come questo in cui stiamo vivendo la pandemia globale da covid-19. Ti parlo dell’interessante legame che c’è tra resilienza e meditazione Mindfulness.

La resilienza è un termine di cui si parla molto spesso e che deriva dalla fisica dei materiali. In questo campo la resilienza indica la capacità di un materiale di assorbire gli urti e non spezzarsi, ma ritornare alla sua forma originaria. In psicologia, invece, la resilienza indica la capacità di affrontare eventi dolorosi e stressantii e di superarli continuando a crescere grazie all’utilizzo delle tue risorse: ne scaturisce una riorganizzazione positiva della tua vita che progredisce mantenendosi ricca di significati.

Non si tratta dunque solo di superare l’evento stressante in sè per sè, nel momento in cui si presenta e ti mette a dura prova, ma, soprattutto, della capacità di adattamento ed evoluzione personali che sono possibili utilizzando le tue risorse già disponibili e sviluppandone anche di nuove in modo creativo, sempre nuovo.

Attualmente ci troviamo nella seconda ondata della pandemia da covid-19. Siamo di nuovo alle prese con restrizioni e regole che minacciano il nostro equilibrio psico-fisico: siamo alle prese con un marasma di emozioni spiacevoli, quali rabbia e frustrazione per i limiti alla libertà, la paura per il contagio e per i pesanti risvolti economici, lo smarrimento per il non sapere quando la pandemia cesserà, infine il dolore per le numerosissime morti.

Per promuovere un sano adattamento e aiutarti a superare questo periodo molto stressante occorre usare un approccio “strategico” alla situazione che preveda la costruzione di buone abitudini, di buone pratiche che portano salute e benessere alla mente e al corpo e che ti infondono un senso di sicurezza. Tra queste la meditazione Mindfulness si dimostra molto utile, poichè si è visto da numerosi studi che praticarla ti procura moltissimi benefici. La Mindfulness è una pratica che deriva dall’antichissima meditazione di consapevolezza di origine buddhista che è stata portata in Occidente a fine degli anni ’70 dal medico statunitense Jon Kabat-Zinn.

Allenandoti a stare nel presente, ancorandoti al tuo respiro e al tuo corpo, e a rallentare dalla frenesia del quotidiano, la Mindfulness ti aiuta a ridurre la tua reattività, cioè i momenti in cui “scatti” ed agisci d’impulso, come guidato da un pilota automatico. Grazie alla Mindfulness diventi più in grado di rispondere agli eventi con consapevolezza, anzichè reagire in modo automatico, sei perciò più flessibile psicologicamente e sai regolare efficacemente le tue emozioni, senza l’urgenza di scaricarle sugli altri o semplicemente sfogarle su varie cose e attività.

Praticando la Mindfulness alleni poi il tuo cervello a disinnescare il pilota automatico e a predisporre modalità più equilibrate di risposta: infatti si è visto dagli studi di neuroimaging che diminuisce l’attività della corteccia prefrontale destra, più associata alle emozioni spiacevoli, ed aumenta l’attività della corteccia prefrontale sinistra, più associata alle emozioni piacevoli. Inoltre, divieni capace di guardare ai tuoi pensieri, emozioni, bisogni e comportamenti senza giudizio ed autocritica, ma con maggiore amorevolezza e con il desiderio di conformare le tue azioni a ciò che provi davvero e ai tuoi valori reali. La pratica della Mindfulness ti favorisce quindi nel percorrere un sentiero personale in cui sei realmente te stesso, genuino ed autentico.

Praticare la Mindfulness ti aiuta a potenziare tre capacità chiave per essere più resiliente, vale a dire più forte e preparato alle avversità: diventi cioè più consapevole e centrato, in grado di vedere e capire te stesso, gli altri e il mondo, capace di regolare autonomamente le tue emozioni.

Se sei interessato a saperne di più sulla meditazione Mindfulness e a iniziare a praticarla dalle basi ti invito a leggere questi tre articoli: La meditazione Mindfulness: cos’è, a cosa serve e come praticarla. – Dott.ssa Federica Piana (federicapianapsicologa.it), I falsi miti sulla Mindfulness. – Dott.ssa Federica Piana (federicapianapsicologa.it), 3 tecniche per imparare a gestire lo stress – Dott.ssa Federica Piana (federicapianapsicologa.it).

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Quali sono i principali falsi miti in cui ti puoi imbattere quando ti avvicini alla pratica della Mindfulness? In questo secondo articolo dedicato ad una pratica che personalmente adoro e che ha contribuito a cambiarmi davvero la qualità della vita voglio sfatare alcuni falsi miti, comuni dicerie e fraintendimenti, che puoi trovare sia da principiante sia quando ti confronti con persone che non hanno alcuna esperienza della Mindfulness.

1 – La Mindfulness è una tecnica di rilassamento.

Si tratta di una particolare forma di meditazione: per quanto assumere una postura comfortevole e portare ripetutamente la tua attenzione sul respiro possa produrre un certo effetto rilassante, lo scopo della Mindfulness non è farti ottenere uno stato di distensione e rilassamento psicofisici. Se sei interessato a questo ti consiglio di dare un’occhiata a questa pagina: http://federicapianapsicologa.it/training-autogeno-schultz/, dove illustro in maniera generale il più valido metodo di rilassamento che è il Training Autogeno. Se l’argomento ti appassiona posso suggerirti di approfondire con gli articoli che trattano uno ad uno gli esercizi del Training Autogeno che utilizzo sia in individuale che nei percorsi di gruppo, li trovi nella sezione “Gestione dello stress” del blog. Tornando alla Mindfulness, rilassarti può essere un “benefico effetto collaterale” del dedicarti del tempo all’ascolto e alla presenza mentale: tuttavia, qualora nella tua mente comparissero pensieri o emozioni difficili, e nel tuo corpo sensazioni disturbanti, il tuo compito non sarebbe di scacciarli per rilassarti, ma di “accomodartici dentro”, ancorandoti al tuo respiro e imparando a stare in compagnia di tutto quel che c’è.

2 – La Mindfulness è una specie di trance.

Non mi addentro troppo in questo campo perchè non è di mia competenza, ma la Mindfulness non ti porta in uno stato mentale di trance, come avviene con l’ipnosi. In quest’ultima vengono adoperate delle suggestioni mirate allo scopo di attingere a risorse interiori subconsce e a produrre cambiamenti nei tuoi comportamenti e nelle tue credenze.

2 – La Mindfulness è un’oasi felice. Non esiste una scorciatoia per un facile benessere psicofisico, un passpartout per la tranquillità immediata. Non conosco metodi realistici e penso che chi promette ciò non ha un comportamento etico (perciò fai attenzione se ti imbatti in questo tipo di messaggi). Secondo le filosofie orientali da cui la Mindfulness trae origine la felicità equivale alla piena consapevolezza: di te, degli altri e della realtà. Ma non si tratta dell’idea edulcorata, artefatta, di felicità all’occidentale con cui cresciamo fin da bambini: non è un’oasi felice dove puoi rifugiarti semplicemente chiudendo gli occhi e respirando lentamente, mettendoti al riparo dalle storture della vita reale. Non si tratta di questo. Si tratta di saper essere felice quando riesci a vedere in modo cristallino ogni fenomeno, te compreso, e sai sostenere questa visione, che ha aspetti tutt’altro che rosei. E’ la felicità di una mente aperta a conoscere, che sa discernere, che sa vedere, non solo guardare. Per queste ragioni non scambiare la Mindfulness per “l’isola che non c’è”, ma considerala come quella dimensione in cui puoi mettere radici nel presente, sentire che la realtà tutta è la tua casa.

3 – La Mindfulness è adatta solo alle persone calme e riflessive.

Niente di più sbagliato! Al contrario, proprio chi tende ad agire d’impulso, chi si definisce “una testa calda” e cade facilmente preda dell’azione inconsapevole può beneficiare moltissimo della Mindfulness. E’ chiaro che che una persona con un tale temperamento può incontrare maggiori difficoltà rispetto ad una persona meno impetuosa: può trovare difficile restare seduta senza muoversi per più di qualche minuto, come pure spazientirsi alla svelta nel riportare l’attenzione sul respiro o alcune parti del corpo. E allora? Lo stato di presenza a cui ti alleni grazie agli esercizi di Mindfulness è uno stato naturale della mente: finchè sei un bambino riesci ad immergertici più facilmente, come quando stai ore e ore concentrato su un gioco o un’attività che ti appassionano. Crescendo, perdi gradualmente l’abitudine a stare con tutto te stesso sul presente: vaghi con la mente tra passato e futuro, e perdi il legame con l’esperienza nel momento presente. Ma questa facoltà è sempre con te, occorre solo “ripescarla”.

4 – La Mindfulness è un metodo per pensare positivo.

Personalmente non sono una grande fan del pensiero positivo a tutti i costi, ritengo ci siano degli strumenti più utili per promuovere la salute psicologica. Ad ogni modo, come scrivo al punto 2 rispetto al fraintendere la Mindfulness come un’oasi felice, questa pratica, in quanto meditativa, ti aiuta a concentrarti in modo sempre più raffinato e sottile sull’esperienza che si svolge sotto i tuoi sensi momento dopo momento. Non è un modo per elaborare concetti di vario tipo, positivi, d’ispirazione per qualcosa, non ti porta via dal tuo flusso di pensieri che durante la pratica attraversa la tua mente.

5 – La Mindfulness è una pratica new age, esoterica o religiosa:

anche se trae origine dall’antica meditazione di consapevolezza di matrice buddhista, da quando Jon Kabat-Zinn l’ha portata negli ambienti scientifici l’ha depurata dai significati religiosi originari, proprio al fine di renderla utilizzabile da chiunque, in ogni fascia d’età, a prescindere dal credo religioso. Nè i suoi effetti sono riconducibili a una qualche forma di “magia”, ma sono ben documentati da migliaia di ricerche scientifiche. La Mindfulness è oggi una pratica assolutamente idonea per ogni persona che voglia riappropriarsi del tempo per allenarsi alla presenza e alla consapevolezza globale.

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Meditazione Mindfulness

La Meditazione Mindfulness è una forma particolare di meditazione che affonda le sue radici nell’antichità, nella meditazione di consapevolezza, detta Vipassana, di origine buddhista. Questa antichissima pratica risale a più di 2500 anni fa e permea abbondantemente le filosofie orientali.

Nel canone Pali, l’insieme dei testi sacri per il Buddhismo, si rintraccia il termine Sati, che significa letteralmente memoria, ma che va poi ad ampliarsi e viene tradotto con termini quali: coscienza di sè, agilità della mente, lucidità di pensiero e, in senso più integrale, per l’appunto, consapevolezza. In questi testi sacri Sati viene descritto come uno stato di mente vigile che va costantemente allenato perchè è alla base della visione profonda e della comprensione delle cose.

Si parla quindi di felicità come di una condizione che scaturisce dall’essere in pace, e per poter pacificare è necessario essere vigile e discernere in modo limpido. Secondo questi testi e questa antica filosofia, dunque, la felicità equivale alla consapevolezza: sono due facce della stessa medaglia.

Come sono arrivati questi concetti da luoghi così lontani in Occidente? Grazie al lavoro pionieristico di persone che hanno creato un ponte tra questi due mondi: sto parlando, ad esempio, del medico statunitese Jon Kabat-Zinn, praticante da moltissimi anni di meditazione di consapevolezza, che l’ha portata all’attenzione delle discipline scientifiche nell’epoca contemporanea, depurandola dai significati religiosi originari. A fine degli anni ’70 del secolo scorso ha messo a punto un protocollo basato sulla mindfulness per la riduzione dello stress, chiamato Mindfulness-based Stress Reduction, che è stato utilizzato dall’University of Massachussets Medical Center.

Tale protocollo, inizialmente rivolto a persone con dolore cronico e varie patologie organiche, ha iniziato a produrre riscontri notevoli in termini di riduzione dei sintomi e innalzamento dei livelli di benessere soggettivo in persone affette da un’ampia gamma di problematiche psicologiche, dai disturbi d’ansia e dell’umore, alle dipendenze, dai disturbi da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD) nei bambini, ai disturbi del comportamento alimentare e del sonno, fino ai traumi psicologici.

Che cos’è di preciso la Mindfulness e come può cambiare la tua vita. E’ una pratica di meditazione che si basa su due pilastri: la concentrazione e la consapevolezza. La prima si riferisce alla facoltà della mente di dirigersi e sostare su un oggetto senza subire troppo l’interferenza di altri oggetti o fattori, senza vagare e distrarsi eccessivamente. La seconda si riferisce alla facoltà della mente di agire in modo intenzionale e proattivo, praticamente è l’esatto opposto dell’agire d’impulso.

Secondo la definizione che ne dà Kabat-Zinn nel suo libro “Vivere momento per momento” la Mindfulness è: “porre intenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in un modo non giudicante”. La Mindfulness è una pratica che insegna a coltivare l’attenzione in modo sano e a guadagnare saggezza. Diventi capace di guardare con occhi limpidi alla realtà interiore ed esteriore, accogliendo con uno spirito di serena e sincera accettazione le cose e gli avvenimenti come pure i contenuti della tua mente.

La pratica della Mindfulness ti aiuta a metter radici nel presente: impari a non disperderti più vagando con ansia nel futuro, magari pensando a come sarai felice quando le cose a lavoro e in famiglia si sistemeranno, o tornando con tristezza e rabbia (talvolta pure con nostalgia) al passato, pensando a cosa sarebbe successo se avessi agito diversamente o a com’era la tua vita “ai tempi d’oro”. Mettendo radici nel presente, conosci in modo profondo te stesso e la realtà esterna: sei presente, nel qui ed ora, a te stesso, ai tuoi pensieri, motivazioni, emozioni e piani d’azione, e agli altri con i quali hai una relazione.

La consapevolezza ti fa da ancora al presente, che è l’unica dimensione temporale in cui puoi agire in modo proficuo e vivere la tua vita a pieno.

Deposte le “armi” della lotta estenuante contro la realtà, gli altri, “le sfortune” e ciò che non ti piace di te, si sprigionano le energie del percepire ogni cosa in modo sensibile, non giudicante, dell’accettare ciò che non può essere cambiato e dell’agire con forza e fiducia verso ciò che può essere cambiato. Se ti alleni a vivere nel momento presente, a dimorare nella consapevolezza globale, impari a prenderti cura di te e degli altri: se sei presente con il cuore e la mente, non abbandoni nè te stesso nè gli altri alla distrazione e alla noncuranza. Non sei solo.

Cosa non è la Mindfulness. Non è una tecnica di rilassamento, (se sei interessato ad un validissimo metodo ti consiglio il Training Autogeno, vai qui: http://federicapianapsicologa.it/training-autogeno-schultz/ ), non rappresenta una specie di “spa della mente” in cui tutto appare più etereo o bello o divieni distaccato in modo “glaciale”, non è una scorciatoia per il benessere psico-fisico (personalmente non ne conosco), nè una specie di trance (l’ipnosi è una pratica diversa) o di modalità passiva in cui accetti ogni cosa con il sorriso o diventi “un mago di bontà”.

Come puoi iniziare a praticare la Mindfulness? E’ una pratica basata sulla meditazione: la svolgi allenandoti con esercizi specifici che coinvolgono il tuo corpo (in posizione seduta o in movimento, come nel camminare) e la tua attenzione. Ti dico subito che non è una facoltà che compare magicamente tutta insieme non appeni inizi la pratica: per quanto sia una facoltà naturale della mente, dato che anche tu come me sei continuamente bombardato da stimoli e molto incline alla perdita dell’attenzione, occorre per l’appunto l’allenamento. Cosa che richiede pazienza, gentilezza, metodo e perseveranza.

Per allenare la tua attenzione a radicarsi nel presente, momento dopo momento, negli esercizi si utilizzano alcuni “supporti o agganci”: il respiro (o più di rado il battito cardiaco), alcune parti del corpo o l’intero corpo; le percezioni dei 5 sensi (gusto, olfatto, udito, vista e tatto), i contenuti della mente (pensieri, immagini, emozioni, ricordi). Imparando giorno dopo giorno a coltivare la presenza mentale, sviluppi una visione del tutto nuova verso te stesso, gli altri e il mondo: sostituisci l’osservazione al giudizio, la calma all’agitazione, l’apertura e la curiosità all’avversione (non voler stare in contatto con quel che non ti piace) e all’attaccamento (volerti aggrappare e prolungare quel che ti piace).

Impari a mettere una giusta distanza tra te e i tuoi contenuti mentali: tra lo stimolo e la tua risposta collochi uno spazio di delicata presenza, dove scongiuri l’agire d’impulso e diventi capace di stare in compagnia di tutto quel che accade, senza ingaggiarti in lotte che non fanno altro che aggiungere altra sofferenza a quella che già scaturisce dagli eventi di vita. Se vuoi saperne di più sugli esercizi pratici di Mindfulness vai a questo articolo: http://federicapianapsicologa.it/3-tecniche-per-imparare-a-gestire-lo-stress/

Voglio concludere questo articolo sulla Mindfulness citando un autore, Viktor Frankl, che ha sperimentato su di sè atroci sofferenze nei campi di concentramento nazisti e ciononostante è riuscito a trarne insegnamento, il quale dice: “Tra lo stimolo e la risposta c’è uno spazio. In quello spazio risiede il potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta stanno la nostra crescita e la nostra libertà”. Ti auguro di aprirti alla Mindfulness con curiosità e fiducia, come farebbe un bambino alle prese con una novità, e di darti una chanche di scoprire che cambiamenti può apportare nella tua vita.

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Approfondimento sul rimuginio

In questa seconda parte dell’approfondimento sul tema del rimuginio, ti illustro alcuni interessanti spunti per contrastare questo fenomeno molto comune che può essere davvero deleterio sul lungo termine. Sono molte le ricerche e gli studi su questo fenomeno, io mi voglio concentrare su quegli spunti che ho testato maggiormente nella mia vita personale e professionale e che ritengo più utili per te. 

Guida pratica per superare il rimuginio

  1. Impara ad automonitorarti: dal momento che sei di solito assorto in modalità automatiche di comportamento inizia con il divenire consapevole dei momenti, durante la giornata o la settimana, in cui scatta il rimuginio e prendi nota di dove sei, in presenza di chi, che stai facendo. Annota tutti gli elementi del contesto in cui ti trovi, i pensieri, per lo più verbali in termini di parole e frasi (l’essenza del rimuginio), le reazioni del tuo corpo ed i tuoi stati d’animo. Con questo allenamento divieni così consapevole dei momenti in cui si attiva il circolo vizioso dell’ansia e della preoccupazione, cercando di intercettarlo il prima possibile.
  2. Distingui i rimuginii dai pensieri produttivi e impara a prendere il controllo sui rimuginii. I pensieri produttivi sono orientati al presente, ricchi di dettagli, conducono a più soluzioni  e vie possibili. Circoscrivi una finestra di tempo in cui, ogni giorno, puoi dedicarti ai rimuginii. Non appena ti accorgi che stai iniziando a rimuginare, decidi consapevolmente di postporli alla finestra temporale che hai stabilito e reindirizzati ad attività piacevoli e positive nel qui ed ora. Quando ti trovi nella finestra dedicata al rimuginio allenati a trovare soluzioni molteplici alle tue preoccupazioni.
  3. Individua le zone libere dal rimuginio. Durante la giornata e la settimana “vai a caccia” di quei momenti in cui non rimugini, come quando hai cura del tuo corpo, della tua igiene, mentre sei alla guida o stai preparando i pasti. Impara poi ad allargare queste zone fino a coprire fette sempre più ampie del tuo tempo seguendo i punti successivi.
  4. Applicati su tecniche di rilassamento. Poichè l’ansia e il rimuginio sono incompatibili con uno stato di reale rilassamento e distensione corporea, impara una tecnica utile a questo scopo. Inizia con la respirazione diaframmatica lenta, in cui in modo regolare sollevi ed abbassi l’addome come se tu stessi gonfiando e sgonfiando un palloncino. Ci sono tantissime tecniche di rilassamento, quella che ti propongo e che conosco meglio è il Training Autogeno di Schulz http://federicapianapsicologa.it/training-autogeno-schultz/, che ti consente di rispondere, via via che aumenta la tua esperienza, con distensione e calma a quegli stimoli che prima innescavano il circolo vizioso del rimuginio ansioso. La pratica del Training Autogeno ti consente di abituare il tuo corpo a produrre uno stato di tranquillità e quiete di fondo, in grado di contrastare precocemente il circolo vizioso dell’ansia e del rimuginio sul lungo termine.
  5. Il rimuginio è un fenomeno mentale. Identifica i pensieri negativi e catastrofici, “Sento che potrebbe accadere qualcosa di brutto da un momento all’altro ed io mi sento impotente, non posso farci niente” e procedi ad analizzarne la validità con senso critico, cercando di confrontarli con i dati reali, vedi quante volte i tuoi pensieri negativi si sono trasformati in eventi reali e focalizzati sulle soluzioni da te trovate in passato che possano costituire tue risorse nel presente. Decatastrofizza, analizza la realtà, punta sulle tue risorse
  6. Identifica le convinzioni positive e negative sul rimuginio. Le prime ti fanno giustificare il fatto di rimuginare, pensandolo come uno strumento di problem solving, preparazione al peggio e distrazione da emozioni disturbanti; le seconde ti inducono a pensare che il rimuginio è fuori dal tuo controllo e pericoloso al punto da portarti ad “impazzire”. Nota se realmente riesci a portare a termine attività con uno stato di animo migliore grazie alle convinzioni positive: molto probabilmente ti renderai conto che il tuo livello di efficacia migliora se sgombri la mente dal rimuginio e ti mostri aperto e forte rispetto alle emozioni correlate agli eventi su cui rimugini.
  7. Fai brainstorming e diventa flessibile. Concepisci tanti modi e varianti degli eventi che ti preoccupano e poi passa a testarli sul campo: quanti di questi modi ti appaiono realistici, probabili, credibili, e quali altri no perchè frutto dei meccanismi ansiosi che ne amplificano la portata? Costruisci così prospettive multiple di pensare agli eventi negativi e di rispondere a questi in modo variegato, anche umoristico, flessibile.
  8. Vivi il qui ed ora. L’ansia e il rimuginio, poichè orientati alla previsione di pericoli non ancora verificatesi, sono incompatibili con il momento presente: sviluppa un’attitudine di presenza mentale che ti connetta (e ti riporti) al presente, al qui ed ora, attraverso la consapevolezza dei sensi e il valore essenziale che ha il presente nel generare gioia, non solo nello sgombrare mente e corpo da ansia e rimuginio.
  9. Diventa amico delle tue emozioni e dei tuoi sentimenti. Si è visto che le persone fortemente rimuginatrici ed ansiose temono in generale le emozioni e le esperienze relazionali, sociali e corporee, correlate. Ci possono essere forti paure rispetto alle interazioni con gli altri: paura del giudizio, del rifiuto, dell’abbandono, dell’umiliazione. La generale paura delle emozioni è associata all’alessitimia, termine tecnico che indica la difficoltà a riconoscere e ad esprimere le emozioni: questa a sua volta è correlata a probabili eventi negativi nell’infanzia e nell’adolescenza. Esponiti gradualmente a situazioni dove, da solo e con gli altri, rientri in contatto con le tue emozioni ed i tuoi sentimenti: questo ti fa consolidare empatia, umorismo, creatività, socialità, curiosità, comunicazione, interesse per gli altri, per il mondo e per le novità. Diverrai capace e sempre più desideroso di approcciare alle situazioni e alle persone nuove con apertura e senza aspettative troppo limitanti, assaporando le emozioni genuine che ne derivano anzichè in quelle temute delle tue previsioni ansiose e dei tuoi rimuginii.

Se non lo hai letto, vai alla prima parte di questo approfondimento sul tema del rimuginio: http://federicapianapsicologa.it/guida-pratica-al-rimuginio-cose-e-come-superarlo-parte-prima/

Vai qua per articoli correlati: http://federicapianapsicologa.it/conoscere-e-superare-lansia-parte-prima/,  http://federicapianapsicologa.it/conoscere-e-superare-lansia-parte-seconda/

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Che cos’è il rimuginio

Numerose ricerche considerano il rimuginio un processo trasversale a moltissime situazioni di sofferenza psicologica, da quelle normali del quotidiano a quelle più complesse e croniche dei veri e propri disturbi psicopatologici. Il rimuginio è uno degli elementi centrali e fondanti dei disturbi d’ansia, ma lo si ritrova anche in altri quadri. Il rimuginio è presente nei disturbi del comportamento alimentare (rispetto alle forme e dimensioni del corpo), nel disturbo ossessivo-compulsivo (rispetto alle cose da evitare o neutralizzare per non sentirsene tremendamente in colpa), nei disturbi stress-correlati e traumatici (rispetto all’evento drammatico), nel disturbo d’ansia per le malattie, o ipocondria (rispetto ai segnali corporei ambigui), nella fobia sociale (rispetto alle situazioni sociali fonte di imbarazzo e vergogna), nel disturbo da attacchi di panico (rispetto ai luoghi o situazioni in cui è avvenuto l’attacco) e nei disturbi della personalità che comportano marcate difficoltà nelle relazioni interpersonali. Il rimuginio è anche correlato ad un altro elemento ansioso, il perfezionismo: cioè la tendenza a porti obiettivi estremamente elevati con un forte timore dell’errore e l’impossibilità ad includere incertezze, pena il provare un senso di fallimento globale.

Tradotto dall’inglese “worry”, il rimuginio si configura come un tipo di pensiero: prevalentemente verbale (anzichè per immagini) a contenuto negativo, che prevede l’evitamento e che sopprime l’elaborazione emotiva.

Caratteristiche e funzioni del rimuginio

Quanto al primo punto, occorre dire che il rimuginio è connotato in modo tipico da previsioni ansiose di possibili eventi futuri negativi, previsioni che vengono formulate soltanto mediante parole e frasi che tendi a ripeterti di frequente, piuttosto che mediante elementi visivi, dal momento che il pensiero verbale relativo a previsioni negative stimola reazioni emozioni e somatiche molto meno forti dell’uso degli elementi visivi. Qui si apre il secondo punto: sia che tu sia ansioso in senso patologico che non, tendi a servirti in modo massiccio del rimuginio al fine di evitare la presa di contatto e consapevolezza con pensieri e scenari emotivamente spiacevoli in grado di innescare risposte somatiche molto disturbanti. Il terzo punto riguarda proprio quello che è l’esito più preoccupante del rimuginio: tale tipo di pensiero, consentendo una specie di “gestione razionale” delle emozioni, impedisce l’elaborazione emotiva profonda. Inizialmente, tu che rimugini ti preoccupi e lo fai in uno stato di semi-allerta che è diverso sia dallo stato di rilassamento proprio dei momenti di tranquillità, sia dallo stato di estrema ansia acuta (come nel panico): in questo senso il rimuginio è in parte funzionale, almeno fino a quando non arrivi a formulare una decisione. Tuttavia, quando il rimuginio diventa lo stile di pensiero privilegiato per il fronteggiamento dei problemi, incappi negli effetti collaterali e sperimenti un persistere delle emozioni che con il rimuginio tentavi di sopprimere. Il rimuginio patologico diventa un’incessante ripetizione mentale del problema unita all’incapacità di di scegliere con convinzione un piano d’azione a riguardo, poichè vedi ogni possibile soluzione come insufficiente, nell’ottica del “Sì…Ma”. Questo è esattamente quel che accade nei disturbi d’ansia. Ripeti mentalmente a te stesso che le cose stanno andando male o che qualcosa di brutto, se non catastrofico, potrebbe capitarti da un momento all’altro, ma senza un’immaginazione visiva precisa degli scenari temuti. Questi sono astratti, privi di dettagli, come dei “macigni mentali” in grado di arrecarti un danno irreparabile verso cui saresti completamente impotente, pietrificato dalla paura, vittima di una sorte infausta. Le ragioni che, da rimuginatore, elenchi per giustificare il tuo rimuginio sono, perciò, le seguenti: “Ci penso parecchio, ma mi agito di meno” (Inibizione dell’ansia a livello fisico), “Mi è utile a non pensare a cose ben peggiori” (Distrazione da problemi più seri), “Ci penso parecchio perchè mi serve a risolvere i problemi” (Problem solving), “Rimugino tanto così non sarò impreparato quando accadrà qualcosa di brutto” (Scudo emozionale), “Non so perchè lo faccio, magari non serve a niente, ma non riesco a controllarlo” (Rimuginio senza scopo, il più grave).

Oltre a queste ragioni, nutri anche convinzioni sia positive che negative sul rimuginio. Tra le prime: “Rimuginare mi aiuta a gestire meglio le situazioni problematiche”, “Se ci penso e mi preoccupo posso evitare che cose molto brutte accadano”, “Se mi preoccupo soffrirò meno quando le cose brutte, sicuramente, accadranno”, “Se mi preoccupo sarò pronto ad ogni imprevisto”. Tra le seconde: “Non riesco a controllare il mio rimuginio”, “Rimuginare è pericoloso o può farmi impazzire”, “Potrei essere dominato dai miei rimuginii”

Qui termina la prima parte dell’approfondimento sul tema del rimuginio. Scopri com’è possibile contrastarlo efficacemente, vai alla seconda partehttp://federicapianapsicologa.it/guida-pratica-al-rimuginio-cose-e-come-superarlo-parte-seconda/

Per altri articoli correlati vai qua: http://federicapianapsicologa.it/conoscere-e-superare-lansia-parte-prima/, http://federicapianapsicologa.it/conoscere-e-superare-lansia-parte-seconda/

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Training Autogeno: la fronte fresca.

L’esercizio della fronte fresca è l’ultimo esercizio che chiude il protocollo del T.A di Schulz. Questo esercizio rappresenta il punto di arrivo dell’intero protocollo ponendo al centro il raggiungimento della tua lucidità mentale ed il miglioramento della  tua concentrazione. Giunto a questo punto il tuo corpo è rilassato, tutte le tue funzioni sono in equilibrio ed i processi corporei scorrono in modo naturale. La tua energia si è ribilanciata, la sensazione conseguente è di piacevole tepore.

L’ultimo passo consiste nel far sì che questo stato di benessere generale giunga ad essere integrato anche dalla tua mente e dai processi cognitivi e logici. Una mente lucida è una mente non affollata da troppi pensieri e preoccupazioni, ma libera di posarsi sugli obiettivi momento dopo momento. Perchè ciò avvenga è indispensabile che la tua energia arrivi alla mente in misura adeguata e non come un fiume in piena poichè rischieresti di sovraccaricarla ulteriormente, come accade nei momenti di stress e stanchezza.

A livello fisiologico l’energia è rappresentata dal sangue. Con la vasodilatazione, come per gli esercizi del calore, è possibile far arrivare sangue in abbondanza nelle diverse aree del corpo, con la vasocostrizione è possibile fare il processo inverso, cioè ridurne il flusso. Indurre una sensazione di freschezza nella regione della testa e soprattutto nella fronte provoca un meccanismo vasocostrittivo che consente alla tua mente di restare lucida, distesa e cristallina.

E’ per questa ragione che anche durante l’esercizio del calore in tutto il corpo, si ripete più volte che la testa rimane fuori ed è esclusa dal processo di riscaldamento generale.

L’energia e il VI chakra

In termini simbolici di chakra la fronte racchiude in sè sia il VI, Ajna, che il VII, Sahasrara, ed ultimo chakra, cioè rispettivamente “il terzo occhio” e “la corona“. Il chakra del terzo occhio, associato al colore indaco, rappresenta il tuo diritto a vedere la Verità, ovvero un occhio in grado di comprendere l’essenza ultima di ciò che è fuori e dentro di te, capace di superare le rigidità dei tuoi schemi mentali e delle  tue difese, dell’unico punto di vista.

Il chakra della corona, associato ai colori viola o bianco, invece, racchiude in sè la massima espressione della facoltà umana per eccellenza, la coscienza di sè. Rappresenta il tuo diritto alla Conoscenza senza limiti. L’esercizio della fronte fresca risulta così utile sia se tendi a caricare eccessivamente la testa, puntando tutta la tua forza sulla comprensione mentale e logica, sulla razionalizzazione, a scapito di una coscienza fluida ed integrata con la realtà del corpo, sia se invece vivi solo di istinto e tendi a “perdere la testa” davanti alle difficoltà, grandemente in difficoltà nel concentrarti e nell’incanalare la tua energia verso il raggiungimento dei tuoi obiettivi.

Favorire il corretto scorrere dell’energia in questi due ultimi chakra significa perciò consentire a te non solo di allargare le tue prospettive e le tue vedute, ma anche di ottimizzare le tue facoltà di riflessione e comprensione che sfociano nella conoscenza. 

L’esercizio della fronte fresca consiste nell’induzione di uno stato di lieve raffreddamento nella testa. Al fine di facilitare questo processo, può risultare utile detergere la fronte con un batuffolo imbevuto di acqua fresca ed accompagnare l’induzione con delle immagini evocative.

Tra le più stimolanti si annoverano immaginare un soffio d’aria o una ventata d’aria fresca che provengono da una finestra aperta, la freschezza dello stare all’ombra di un albero. Formule alternative a quella standard “fronte fresca” possono essere:”La mia testa è chiara, fresca e rilassata“, “La mia testa è sciolta, rilassata e libera“. Nei casi, rari, di ipersensibilità al freddo, in cui il calore ha un effetto particolarmente benefico e rilassante, è bene utilizzare la seguente formula:”Fronte piacevolmente calda“. In nessun caso vanno usati i termini “freddo nè gelido”.

L’esercizio della fronte fresca prevede i seguenti passaggi:

  • Ritagliarti un tempo ed uno spazio solo per noi in cui poter stare tranquillo per un po’;

  • Assumere una delle posizioni del T.A e chiudere gli occhi;

  • Fare tre respiri profondi riempiendo e svuotando completamente i polmoni;

  • Lasciar scivolare via dalla mente tutti i pensieri, preoccupazioni ed idee;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte la formula “Io sono perfettamente calmo e disteso”;

  • Concentrarti sul tuo corpo e lasciare andare tutte le tensioni, ripetendo da 3 a 6 volte “Corpo pesante”;

  • Portare l’attenzione alle mani e ai piedi ed immaginarne le arterie, le vene ed i vasi capillari che irrorano di sangue le mani ed i piedi, visualizzare la vasodilatazione e porti in ascolto delle sensazioni che ne derivano;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte “Mani e piedi caldi”;

  • Lasciare che la sensazione di calore dalle mani e dai piedi si generalizzi in tutto il corpo, esclusa la testa, come se il corpo fosse immerso in una vasca piena di acqua piacevolmente calda e profumata;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte “Corpo caldo”;

  • Concentrarti adesso sul proprio battito cardiaco, immaginare il tuo cuore all’interno del petto, metterti in ascolto del tuo battito. Percepire il battito del cuore ed il suo ritmo come calmo e regolare;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte “Cuore calmo e regolare”;

  • Concentrarti sul proprio respiro, percepire torace ed addome che si sollevano e si abbassano secondo il tuo ritmo respiratorio. Immaginare nel torace i polmoni come due grosse spugne che si riempiono e si svuotano di ossigeno;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte “Respiro calmo e naturale”;

  • Portare la tua attenzione alla zona del plesso solare. Immaginare i tuoi organi interni, soffermarti sullo stomaco ed immaginare di bere una bevanda piacevolmente calda che riscaldi il tuo stomaco e che questa sensazione di calore si diffonda in ogni direzione;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte “Plesso solare irradiante calore”;

  • Portare adesso l’attenzione alla fronte, immaginarla liscia e distesa (volendo portare agli occhi della mente un’immagine suggestiva di freschezza);

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte “Fronte fresca”;

  • Concludere con la ripetizione della formula “Io sono perfettamente calmo e disteso”;

  • Eseguire gli esercizi della ripresa.

Se vuoi darti l’opportunità di rispondere allo stress restituendo al tuo corpo uno stato di vibrante vitalità, energia e grazia vai all’articolo “Percorsi brevi” in cui mostro com’è possibile migliorare il nostro benessere psicofisico con il Training Autogeno e gli esercizi bioenergetici: http://federicapianapsicologa.it/percorsi-brevi/

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Training autogeno: il respiro.

La respirazione è strettamente connessa all’attività cardiaca e rappresenta una delle tue principali funzioni vitali.

La respirazione, che avviene in modo autonomo ed innato, può subire diverse modificazioni nel corso della vita. Il tuo modo di respirare diviene emblematico della tua personalità e del tuo modo di approcciarti alla vita, un esempio tipico viene dall’osservazione della respirazione nelle persone ansiose. Puoi osservare una respirazione veloce e leggera, superficiale, toracica o persino clavicolare, come se l’ossigeno non potesse essere trattenuto a lungo nel corpo in modo simile a quando vuoi evitare di “vivere” per evitare una situazione temuta.

Considerando la meccanica della respirazione, essa avviene in 3 fasi: l’inspirazione, che consente di introdurre ossigeno nel corpo; una pausa, in cui l’aria permane nei polmoni; l’espirazione, in cui viene espulsa dal corpo aria ricca di anidride carbonica. Se la tua respirazione è fluida e spontanea i muscoli del torace, dell’addome, della pelvi ed il diaframma sono totalmente mobilitati in queste 3 fasi e i polmoni si riempiono e si svuotano completamente.

Nella respirazione fluida e piena noti, nell’espirazione, l’addome gonfiarsi come un palloncino e il torace aprirsi, mentre le spalle restano basse e morbide, mentre nell’espirazione l’addome si sgonfia totalmente e il torace si contrae, tale tipo di respirazione è evidente in un neonato. In molte persone, invece, la muscolatura implicata nella respirazione è contratta e bloccata dalle tensioni croniche che coinvolgono la muscolatura stessa: la respirazione avviene coinvolgendo pochi muscoli, soprattutto quelli più alti, del torace o della gola (respirazione clavicolare). I movimenti della respirazione sono quasi impercettibili.

Durante il T.A la tua respirazione assume un ritmo simile a quello del sonno, poichè il rilassamento e la distensione tipici dello stato autogeno permettono un’attenuazione delle tensioni muscolari ed i movimenti respiratori diventano più ampi e più fluidi consentendo ai tuoi polmoni di espandersi e poi di sgonfiarsi successivamente del tutto. Per questa ragione l’esercizio del respiro ti consente di normalizzare il respiro ripristinandone la regolarità delle fasi ed i corretti e fluidi movimenti muscolari.

L’energia e il IV chakra

In un’ottica simbolica, gli organi interessati nella respirazione si trovano nel tuo corpo in corrispondenza del IV chakra, quello del Cuore. Il IV Chakra ha come elemento di riferimento l’Aria, con il quale interagisci tramite la respirazione. Lo scambio continuo tra il corpo e l’Aria comporta un rapporto basato sull’equilibrio, sull’accettazione, sull’apertura verso l’interno e verso l’esterno.

In questo senso la respirazione è un atto d’Amore. Ripristinare una respirazione corretta, sbloccare la muscolatura del torace, significa riequilibrare l’energia del chakra del tuo Cuore in modo complementare all’ascolto del  tuo battito cardiaco. In questo modo, proprio partendo dal respiro che entra ed esce, è possibile facilitare il tuo contatto ed il fluire dei tuoi sentimenti, l’acquisizione di una maggiore autostima e una predisposizione verso gli altri.

L’Aria che entra ed esce dal tuo corpo dandogli vita diviene una metafora dell’Amore che circola tra te ed il mondo e la sensazione fisica che accompagna la tua respirazione, se ascoltata attentamente, è piacevole e vitale proprio come l’Amore ci attraversa.

L’esercizio del respiro prevede i seguenti passaggi:

  • Ritagliarti uno spazio ed un tempo solo per noi in cui poter stare tranquillo per un po’;

  • Assumere una delle posizioni del T.A e chiudere gli occhi;

  • Fare 3 respiri profondi riempiendo e svuotando completamente i polmoni;

  • Lasciar scivolare via dalla mente tutti i pensieri, preoccupazioni ed idee;

  • Ripetere mentalmente da 3 a 6 volte la formula “Io sono perfettamente calmo e disteso”;

  • Concentrarti sul proprio corpo e lasciare andare tutte le tensioni, ripetendo da 3 a 6 volte la formula “Corpo pesante”;

  • Portare l’attenzione alla mano destra e alla mano sinistra, immaginarne le arterie, le vene ed i vasi capillari che li irrorano di sangue, visualizzare la vasodilatazione e porsi in ascolto delle sensazioni che ne derivano;

  • Ripetere mentalmente “Mani calde”;

  • Portare l’attenzione ai piedi, immaginarne le arterie, le vene ed i vasi capillari che li irrorano di sangue, visualizzare la vasodilatazione e porti in ascolto delle sensazioni che ne derivano;

  • Ripetere mentalmente “Piedi caldi”;

  • Lasciare che la sensazione di calore dalle mani e dai piedi si generalizzi in tutto il corpo, esclusa la testa, come se il corpo fosse immerso in una vasca piena di acqua piacevolmente calda e profumata;

  • Ripetere mentalmente “Corpo caldo”;

  • Concentrarti adesso sul tuo battito cardiaco, immaginare il tuo cuore all’interno del petto, metterti in ascolto del battito all’interno del corpo. Percepire il battito del cuore e il suo ritmo come calmo e regolare;

  • Ripetere mentalmente “Cuore calmo e regolare”;

  • Concentrarti sul proprio respiro, percepire torace ed addome che si sollevano e si abbassano secondo il tuo ritmo respiratorio. Immaginare nel torace i polmoni come due grosse spugne che si riempiono e si svuotano di ossigeno;

  • Ripetere mentalmente “Respiro calmo e naturale”;

  • Concludere con la ripetizione della formula “Io sono perfettamente calmo e disteso”;

  • Eseguire gli esercizi della ripresa.

    Può accadere che non sia subito facile percepire il tuo respiro come calmo e naturale, ma che il fatto stesso di portare la tua attenzione al respiro determini un’alterazione del respiro stesso. Questo inconveniente, piuttosto frequente, puoi attenuarlo con l’allenamento oppure riportando l’attenzione prima di fare l’esercizio allo stato di calma (ripetendo più volte mentalmente la formula della calma “Io sono perfettamente calmo e disteso”).

  • La stessa difficoltà può comparire quando esegui l’esercizio in poltrona, o ancora di più, nella posizione del cocchiere: la respirazione in queste posizioni può essere un po’ più difficile e talvolta anche fastidiosa. Per questa ragione è preferibile eseguire le prime volte l’esercizio del respiro nella posizione distesa supina, poichè la gabbia toracica è più libera di aprirsi. In ogni caso, comunque, l’allenamento e la pratica costanti conducono ad un superamento totale delle difficoltà.

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