Che cos’è l’ansia da prestazione?
L’ansia da prestazione è quella forma di ansia che ha a che fare con la difficoltà di relazionarsi a situazioni che non sono sotto il nostro controllo e si intreccia a doppio filo con le aspettative che creiamo a riguardo. C’è da dire che la nostra epoca storica ci sottopone costantemente ad alte aspettative, a standard rigidi e inflessibili, talvolta davvero elevati, spropositati. L’epoca in cui viviamo, intrisa di tecnologia e di rapidi mutamenti, ci richiede di esprimere le nostre capacità e talenti al massimo, ci richiede spesso di essere i primi, i migliori, unici nell’eccezionalità piuttosto che nella normale diversità e peculiarità di ognuno. Sembra che l’imperativo sia proprio quello di scalare le vette e conquistare primati, aggiudicarsi il primo posto nel podio di non si sa bene che cosa.
Capisci facilmente come l’ansia da prestazione riguardi realmente tutti quegli ambiti della vita dove vigono dinamiche basate sulla competizione: ovviamente la scuola, forse il primo ambiente dove il bambino si va a trovare e deve rientrare in un sistema fatto di voti, e poi le relazioni sociali, gli hobby del tempo libero, la vita di coppia e la sessualità, ambito dove forse più di ogni altro si parla di ansia da prestazione. Volendone dare una spiegazione sintetica, l’ansia da prestazione consiste in una pressione verso i risultati, cioè in una infondata ed eccessiva preoccupazione relativa a una prestazione che dovrai fare, o “risultati da produrre e dimostrare”.
Quali sono le cause?
Viviamo in un’atmosfera caratterizzata dall’ossessione per il risultato e dal bisogno, indotto, di eccellere in tutto. Se da una parte sentiamo giusto aspirare ad una carriera importante, dall’altra vogliamo una vita affettiva ricca e mai piatta, abbiamo l’anelito a interessi ed hobby “instagrammabili” e cerchiamo di costruire un’immagine sociale invidiabile. Da tutto questo non è possibile uscire indenni: un clima pervasivo e costante di pressione verso il risultato, ci fa sentire sempre sottoposti al giudizio e alla valutazione, non solo degli altri, ma anche di noi stessi. E da questa pressione scaturisce l’ansia da prestazione, di cui non esiste un vero e proprio disturbo codificato nei manuali diagnostici di medicina e psicologia, come il DSM 5, ma è comunque un fattore di rischio per l’esordio e il mantenimento di vere psicopatologie.
I sintomi più noti
Si tratta dei sintomi che accomunano gli altri disturbi d’ansia, quindi la confusione mentale, la tensione, il nervosismo e l’irritabilità, la sudorazione profusa, i tremori, la tachicardia, le difficoltà di memoria e concentrazione, la nausea e il calo dell’appetito. Questi sintomi possono essere presenti per la maggior parte del tempo ma solitamente si concentrano e si acuiscono all’avvicinarsi della temuta prestazione, come un colloquio di lavoro, una verifica a scuola, ma anche un appuntamento con una persona che ti piace, un’uscita in un nuovo gruppo, persino un incontro intimo con il tuo partner. Se l’ansia da prestazione raggiunge e supera una data soglia, e va a sommarsi a rimuginio, tentativi disfunzionali di gestire le proprie emozioni, come attività scacciapensieri, o evitamenti delle situazioni che generano ansia e che riguardano le prestazioni, può configurarsi un quadro più complesso, come un disturbo d’ansia vero e proprio, come la fobia sociale, il disturbo di panico o l’agorafobia, e un disturbo dell’umore, come la depressione maggiore o la distimia. Dal momento che ogni area della vita che percepisci soggetta al giudizio, alla valutazione, può essere fortemente compromessa dall’ansia da prestazione, è probabile che sperimenti un sottofondo di tensione, allerta e preoccupazione duraturi, che ti mortificano e deprimono la tua energia vitale e le tue iniziative.
Nel bambino e nell’adolescente, l’ansia da prestazione riguarda tendenzialmente l’ambiente scolastico. E’ fondamentale in questi casi rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta che si occupi di inquadrare la situazione specifica e la sintomatologia del bambino e, facendo un lavoro di squadra con la sua famiglia, accompagni tutto il sistema familiare alla comprensione e alla risoluzione del disagio del bambino, anche correggendo modalità di interazione e di comunicazione disfunzionali. Per quanto sia il bambino colui o colei che porta il disagio, è essenziale la collaborazione dell’intera famiglia, poiché il bambino o l’adolescente si giova moltissimo del supporto e della vicinanza emotiva degli adulti di riferimento. Quindi, se per il bambino si parla di ansia da prestazione nella scuola (e talvolta anche nello sport), per l’adulto si parla sicuramente dell’ambito lavorativo, dove spesso non c’è un’attenzione al benessere organizzativo e alla soddisfazione dei lavoratori, ma circola un’atmosfera che richiede alti standard, corse e rincorse. C’è poi l’ambito delle passioni e degli interessi, come abbiamo visto, anche un ambito come questo, che sembra innocuo e spoglio delle pressioni, purtroppo non lo è: se a livello amatoriale il dilettante prova imbarazzo o si vergogna perché non si sente all’altezza di praticare certi esercizi fisici, a livello agonistico l’atleta può incappare in delle empasse di fronte alle sue prestazioni sportive. In questi casi è molto utile la figura dello psicologo dello sport, che affianca l’atleta nella preparazione sportiva e lo supporta nell’approcciarsi alle situazioni ansiogene, servendosi anche di tecniche di consapevolezza, concentrazione e rilassamento psico-corporeo, quali il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson e il Training Autogeno di Schulz.
L’ansia da prestazione può riguardare anche il contesto delle relazioni sociali in generale: si chiama ansia da prestazione relazionale. In questo caso la persona va costantemente alla ricerca di segnali di approvazione e affetto da parte degli altri, prodigandosi in azioni che dimostrino il suo essere all’altezza di determinati compiti e situazioni. L’autostima di una persona con quest’ansia da prestazione subisce duri colpi quando riceve giudizi negativi, mentre si accresce solo in situazioni sentite come benevole e accoglienti, quando la persona si sente accettata e apprezzata.
Vi è poi un ambito che ti voglio accennare, dove è presente a volte in modo massiccio l’ansia da prestazione, ed è la sfera sessuale. E’ un’utopia pensare che l’intimità sia un posto etereo colorato di rosa dove è tutto bellissimo, per molte persone, soprattutto uomini, l’intimità fisica è un’arena dove dimostrare alti standard e dare prova di sé ai massimi livelli. Quando l’ansia da prestazione colpisce la donna riguarda più che altro l’avvenenza fisica piuttosto che la prestanza, quindi la donna si può tormentare circa la propria adeguatezza o meno rispetto agli standard di bellezza attuali che propongono figure esili da una parte e con curve prorompenti dall’altra. L’uomo spesso prova la paura di deludere le aspettative della propria partner (in una coppia eterosessuale) e quest’ansia, se, come si è visto, supera una data soglia, può sfociare in una difficoltà concreta di abbandonarsi al piacere, di concedersi l’esperienza globale della sessualità che non è fatta solo di vigore muscolare durante la penetrazione, ma di tenerezza, fantasia, gioco, sperimentazione e complicità. Se l’uomo si porta appresso questa forte ansia da prestazione può veder calare molto il desiderio sessuale, come pure l’appagamento generale nel sesso, e rifuggire più o meno totalmente l’intimità, proprio al fine di evitare di rivivere la stessa pressione verso la prestazione e avere la conferma di non essere o non dare abbastanza.
Le cure migliori per l’ansia da prestazione
Quanto alle cure per l’ansia da prestazione, serve che la persona, come primo passo, riconosca di avere un problema e richieda l’aiuto di un professionista, uno psicologo psicoterapeuta come me, che possa inquadrare la sua situazione e avviare un percorso ritagliato sulle sue esigenze. La psicoterapia è il trattamento ideale, perché conduce la persona fuori dal tunnel dell’ansia patologica, garantendo dei tassi di ricaduta molto inferiori ai trattamenti solo farmacologici, a base di ansiolitici e antidepressivi. Questo accade perché il farmaco agisce velocemente sui meccanismi biochimici che producono la reazione ansiosa, ma non insegna niente alla persona. L’effetto controproducente del farmaco è che manda un messaggio negativo alla persona: è come se le dicesse che è incapace, che l’unica cosa che può fare è assumere il farmaco. Con la psicoterapia, invece, la persona ha l’occasione di apprendere tante cose su di sé, di conoscere il proprio disturbo, il suo significato e la sua collocazione nella propria storia e nel proprio funzionamento generale. Puo’ disimparare i meccanismi nocivi che contribuiscono al malessere e imparare come ridurre i sintomi, come gestire i propri stati mentali, quali le emozioni, i pensieri, i bisogni e modificare i propri comportamenti. Non sono assolutamente contraria all’utilizzo dello psicofarmaco, ma ritengo che debba essere attentamente valutata la situazione specifica della persona e vada prescritto solo dal medico specialista, lo psichiatra. Tuttavia, è essenziale che la persona comprenda che il miglior aiuto che può darsi non è esterno, ma interno, sono cioè le sue risorse passate e competenze.
Quando lavoro con una persona che soffre di ansia da prestazione le spiego come funziona l’ansia dal punto di vista tanto fisico quanto psicologico, la differenza tra l’ansia normale e adattiva e quella, invece, patologica. Le illustro i meccanismi di rinforzo e quelli di estinzione dell’ansia, vale a dire come l’ansia va ad alimentarsi e come può diminuire fino a rientrare in fisiologia e scomparire. Ricostruiamo insieme la storia del suo problema, i conflitti irrisolti e le dinamiche relazionali che hanno dato origine al problema e che lo mantengono in vita tuttora, come l’evitamento delle situazioni ansiogene fonti di possibili giudizi. La aiuto a capire quali sono le convinzioni limitanti che altro non fanno che alimentare la sua ansia, allo scopo di creare pensieri più flessibili e salutari, le insegno metodi di consapevolezza e rilassamento utili ad abbassare l’attivazione corporea (quali il Training Autogeno, leggi l’articolo introduttivo qui: https://federicapianapsicologa.it/training-autogeno-schultz/), e la guido a guadagnare punti di libertà nelle situazioni relazionali e non solo precedentemente evitate aiutandola a potenziare le proprie abilità comunicative. Fondamentale è lavorare sul tema del controllo: solitamente l’ansioso si contraddistingue per un altissimo bisogno di controllo e puntualmente rimane deluso dal non riuscire ad esaudirlo, poiché si scontra con la dura realtà. Guido la persona a comprendere che fondamentale è concentrarsi sul creare un processo virtuoso, cioè creare le condizioni giuste per aumentare le probabilità di arrivare ai suoi obiettivi, riconoscendo al contempo i propri limiti e accettando che non tutto è sotto il suo controllo, poiché moltissime sono le variabili in gioco e la persona deve demolire la credenza radicata di poter e dover controllare tutto e tutti, come in una fantasia di onnipotenza. Lavoro con la persona per condurla ad accettare i rischi di commettere errori e di fallire, riformulando il concetto di fallimento come un qualcosa di possibile e tollerabile e che, soprattutto, non va a minacciare l’identità della persona, o a distruggerne l’autostima. Perché il fallimento non dovrà più essere una falce inesorabile che conferma la percezione di essere una persona di scarso valore intrinseco. Essenziale, infatti, è sostenere la persona nel costruire una rappresentazione di se stessa più sana ed equilibrata, con un’autostima forte e con risorse adeguate a far fronte alle evenienze negative della propria vita.
Ecco altri articoli dove ti faccio una panoramica completa dell’ansia patologica: https://federicapianapsicologa.it/i-pilastri-dellansia-patologica-prima-parte/, https://federicapianapsicologa.it/i-pilastri-dellansia-patologica-seconda-parte/.
Mentre questi sono articoli utili a capire il fenomeno del rimuginio, pilastro di tutti i disturbi d’ansia: https://federicapianapsicologa.it/guida-pratica-al-rimuginio-cose-e-come-superarlo-parte-prima/ https://federicapianapsicologa.it/guida-pratica-al-rimuginio-cose-e-come-superarlo-parte-seconda/.