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“Che vergogna!”: capire e superare la paura del giudizio. Prima parte

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Che vergogna!

“Che vergogna!” o “Volevo scavarmi la fossa per la vergogna!” sono probabilmente frasi che ti sei ritrovato a pronunciare più volte: in questo articolo ti parlo della vergogna, emozione complessa e dai contorni sfumati, con punti di contatto con altre emozioni quali l’imbarazzo, il pudore, la timidezza e l’umiliazione. Si presenta poi spesso insieme a tristezza e rabbia. Fa parte delle emozioni autoconsapevoli (o autoriflessive) che si sviluppano almeno dai 2 anni di vita e consiste in una autovalutazione generale negativa, dettata dal riconoscere di aver fallito, di non essere stato all’altezza di regole o modelli di comportamento condivisi nei gruppi di appartenenza e nella società dove vivi. E’ quell’emozione che emerge quando ti rendi conto che hai fatto qualcosa per cui gli altri possono vederti in un modo completamente opposto a quel che desideri. Affinchè tu provi vergogna è necessario che la tua valutazione, il tuo ragionamento, sia complessivo, riguardi tutto te stesso, anzichè un tuo preciso comportamento: la cosa “brutta e cattiva” non è una cosa specifica, ma è tutta la tua persona. Provi quanta più vergogna tanto più forti sono gli aspetti (norme, valori) sui quali hai fallato. Provi vergogna non solo quando ti trovi esposto al possibile giudizio altrui, ma anche in assenza di qualcuno che può vederti, e valutarti, poichè sei tu il primo giudice del tuo comportamento: in entrambi i casi la conseguenza è una caduta profonda della tua autostima.

La vergogna e il senso di colpa sono emozioni apparentemente simili: entrambe prevedono l’attribuirti una responsabilità, ma differiscono perchè nel caso del senso di colpa tu giudichi sbagliato o inadeguato un tuo preciso comportamento, ti senti dispiaciuto o mortificato verso la persona che hai danneggiato e sei motivato a riparare in qualche modo. Nel caso della vergogna, invece, giudichi inadeguato o disprezzabile te stesso in modo amplificato, il focus è tutto concentrato su te stesso e provi un senso di impotenza che ti paralizza o ti motiva a fuggire o a scomparire. Ci sono poi delle differenze tra la vergogna ed altre emozioni “sorelle”: provi imbarazzo quando sei esposto allo sguardo altrui ma non ti giudichi necessariamente in modo negativo, anzi, puoi provarlo anche se l’altro ti fa un complimento; provi pudore quando il tuo corpo, o una parte di esso, è esposta allo sguardo e al giudizio altrui; ti senti timido per la paura degli estranei o delle novità (sembra più un aspetto caratteriale). L’esperienza della vergogna è multisfaccettata, infatti sono molte le espressioni che puoi usare per descriverla: provi un fortissimo disagio, ti blocchi subito in quel che stai facendo, vai con “la testa nel pallone”, senti che l’altro è un giudice severo, pronto a scartarti, o comunque giudicante e superiore rispetto a te, ti senti fragile e “rimpicciolito”, vuoi nasconderti o scomparire, ti senti impotente e paralizzato. A livello corporeo ci sono segni caratteristici: il rossore sul viso, sudorazione, aumento della temperatura corporea, abbassi lo sguardo, inclini la testa e assumi una postura accasciata, tutt’altro che sicura e dignitosa. Parli in modo incerto, balbettando o evitando l’argomento della situazione fonte di vergogna. Tutti questi segnali indicano il ritirarti dal contatto, un metterti sulla difensiva, ma, dall’altra parte, anche una “resa”, che sei innocuo e chiedi perdono ed accettazione all’altro.

Per quanto siano numerose le circostanze in cui puoi provare vergogna, ce ne sono alcune universali: quando fai qualcosa di inopportuno (soprattutto se a tema sessualità e corporeità), violi la privacy tua o di altri, fai gaffe nei rapporti interpersonali o dimostri un’incompetenza. La tua vergogna è tanto più intensa quanto più, caratterialmente e sulla base delle tue esperienze di vita, tendi ad attribuire il perchè del succedere delle cose a te stesso ed hai standard e norme molto rigidi, che non ammettono deviazioni. C’è poi una situazione profondamente legata all’emozione della vergogna nella sua forma più radicale: l’esperienza che puoi fare da bambino quando non ricevi sufficienti cure ed amore dagli adulti. Questo rifiuto può essere così forte da instillare in te da bambino la convinzione che sei responsabile di questa mancanza affettiva, sviluppando credenze del tipo “Non ricevo amore dagli adulti (genitori, altri familiari ecc) perchè sono intrinsecamente inadeguato o sbagliato”.

La vergogna, per quanto spiacevole, è un’emozione come le altre ed ha una funzione adattiva, sana: segnala che, con il tuo comportamento non conforme a certe regole o valori, hai danneggiato la tua autostima. Serve quindi a “rimetterti sulla retta via”, cioè riallinearti proprio con quelle regole e valori, questo ha una grande funzione sociale: in quanto animale sociale, tu come essere umano sei motivato a intrecciare relazioni significative con gli altri. Mantenere una buona immagine e una buona considerazione agli occhi degli altri ti fa avere una buona autostima perchè ti consente di godere di rapporti pacifici e collaborativi con gli altri: ti dà senso di appartenenza (tutto il contrario del senso di esclusione ed emarginazione). Nel caso in cui tu fai qualcosa di sbagliato rispetto al gruppo cui appartieni, e provi vergogna, manifestandolo all’esterno mostri anche di condividere quelle norme e valori e di rispettare il giudizio degli altri: tenderà a spegnersi così l’aggressività degli altri e probabilmente verrai riammesso nel gruppo, garantendoti nuovamente il tuo posto e la tua appartenenza.

La vergogna è un’emozione che può svilupparsi in eccesso in base, come per altre emozioni, a certi stili educativi che hai vissuto nella tua infanzia, soprattutto in famiglia: i tuoi genitori ti hanno fornito esempi di standard di prestazione o di etica particolarmente elevati o facevano troppo spesso commenti giudicanti sul tuo comportamento. Ad un livello di comunicazione più ampio, puoi aver subito umiliazione, subito l’autorità dei genitori in modo punitivo o subito ricatti del tipo “Se fai ancora una cosa del genere la mamma non ti vuole più bene!”. Questi messaggi possono essere talmente potenti da non consentire a te bambino di riflettere sul tuo comportamento singolo e correggerlo, sviluppando un’idea di te globalmente inadeguata, fallimentare, non meritevole di amore, in una parola, “sbagliata”.

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