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Il Lutto Traumatico. Quando il Lutto diventa Patologico.

La storia del lutto patologico

In questo terzo articolo dedicato al lutto, parliamo del lutto patologico. Il concetto di lutto patologico si è sviluppato ampiamente in tutto il novecento: un precursore è sicuramente Sigmund Freud, che nel 1917, con la pubblicazione di Lutto e Melanconia, descrive le somiglianze e le differenze tra il processo del lutto e la depressione, notando dalla sua casistica di pazienti, come in qualche caso il lutto possa portare ad una reazione depressiva. Negli anni Quaranta, Lindemann e Adler, gli psichiatri che si occupano dei sopravvissuti del noto incendio a Boston al Coconut Groove, danno un grande contributo alle conoscenze sulle dinamiche patologiche inerenti il lutto. Molti anni più tardi altri autori come Bowlby, pioniere della teoria dell’attaccamento, Parkes, Horowitz ed altri ancora individuano dalle loro osservazioni sul campo forme di lutto inibito (cioè un lutto assente), lutto ritardato (a insorgenza tardiva e con sintomatologia intensa), lutto cronico e lutto traumatico. Non mi soffermo sui contributi di questi singoli autori poiché sarebbe dispersivo, voglio piuttosto puntare a offrirti un elenco unico, chiaro e il più possibile completo, degli indicatori generali di lutto complicato. Esistono poi diversi strumenti ad uso professionale, come scale, test e questionari, che vengono somministrati dallo psicologo in sede di visita, per avere un quadro esauriente della situazione della persona.

Gli indicatori del lutto patologico

Tendenzialmente si può riconoscere il lutto patologico in due modi: se la persona che si presenta a visita arriva con un’auto-diagnosi, o si presenta per un problema medico o psicologico senza alcuna consapevolezza del fatto che alla base ci siano dinamiche di attaccamento e di lutto irrisolto. In questi casi, naturalmente, sta al clinico, al medico e allo psicologo, intercettare tale disagio sepolto al di sotto della narrazione attuale della persona.

Ecco un elenco degli indicatori di lutto irrisolto cui prestare attenzione.

  1. La persona non riesce a parlare del defunto senza manifestare un cordoglio intenso e profondo, sproporzionato al tempo trascorso dall’evento, si registrano situazioni dove la persona è come bloccata al tempo del lutto avvenuto anche 20 anni prima.
  2. Durante la visita la persona parla in termini di perdite, propone argomenti che ruotano attorno alle perdite.
  3. Accade che alcuni piccoli eventi innescano intense reazioni di cordoglio, come se questo nucleo di sofferenza possa essere stimolato da una gran quantità di stimoli anche semplici.
  4. La persona fa dei cambiamenti radicali nel suo stile di vita ad esempio evita sistematicamente ambienti associati al defunto, oppure situazioni e persone che prima frequentava.
  5. Dall’anamnesi si vede che la persona ha una lunga storia di depressione subclinica, un malessere che non ha mai raggiunto la soglia per una diagnosi piena, un malessere comunque strisciante, con rimuginio, sensi di colpa, scarsa autostima, riduzione dei livelli generali di benessere, può avere alle spalle un lutto irrisolto.
  6. La persona non riesce a distaccarsi dai beni materiali appartenuti al defunto. L’ambiente in casa ad esempio viene conservato intatto anche per molti anni, entrandoci si ha la sensazione che non sia passato un giorno dalla morte della persona cara, tutto appare come cristallizzato nel passato. C’è sempre da valutare le norme culturali e religiose prima di esprimersi su questi comportamenti ed etichettarli come segni di un lutto irrisolto. Va valutato anche il comportamento diametralmente opposto, cioè il gettare ogni cosa appena dopo la morte della persona cara, può essere un evitamento e un segnale di lutto complicato.
  7. Può succedere in qualche caso che la persona sviluppi sintomi simili a quelli del defunto, ad esempio riportando al medico e allo psicologo vaghi e multiformi sintomi somatici, paura generale delle malattie, grande suscettibilità al tema delle malattie. La persona può manifestare questi sintomi o in specifici momenti dell’anno, come ricorrenze, anniversari, compleanni, festività come il Natale, o quando arriva all’età a cui è morta la persona cara.
  8. La persona può avere una tendenza compulsiva a imitare il defunto, come per compensarne la perdita tramite questa identificazione. Oppure capita che la persona assuma su di sé caratteristiche appartenenti al defunto che prima criticava o rifiutava: come a cercare di farsi perdonare per questa colpa.
  9. La comparsa di un’intensa tristezza e di un’alterazione del ritmo sonno veglia e dell’appetito apparentemente senza ragione, in un dato momento durante l’anno.
  10. La persona può riportare una vera e propria fobia per la morte o per una malattia, ad esempio il tumore, l’ictus, l’infarto, la meningite.
  11. Un ultimo indicatore è dato dai comportamenti tenuti dalla persona in concomitanza o subito dopo il lutto, ad esempio che vissuti ha sperimentato dopo la morte della persona cara, cosa affatto scontata, e ad esempio se ha fatto visite al cimitero, se ha partecipato ai riti, alle cerimonie e se no, per quali ragioni, infine, se la persona si è ritrovata completamente da sola a esperire il cordoglio e l’intero processo del lutto.

Risorse per te

Se ti ritrovi in una simile situazione o hai notato questi segnali in una persona che conosci, rivolgiti tu stesso/a ad uno psicologo psicoterapeuta come me o invita il/la tuo amico/a a ricercare un aiuto professionale, io come molti altri colleghi vediamo ogni giorno persone che riportano gli effetti di un lutto. Sappi che è possibile uscirne completamente: non fermarti al momento in cui hai subito quella perdita. Scegli di riprendere in mano la tua vita.

Ti consiglio di visionare questi precedenti articoli incentrati sul lutto: https://federicapianapsicologa.it/il-lutto-andare-oltre-il-dolore-e-ricominciare-parte-prima/https://federicapianapsicologa.it/il-lutto-andare-oltre-il-dolore-e-ricominciare-parte-seconda/, dove puoi trovare una panoramica sulle macro fasi del lutto e sugli stadi di elaborazione del lutto.

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